Una domanda che molti si fanno spesso: Esiste Dio, e se esiste, si cura del mondo, di noi, di me? Per l'ateo Dio non esiste: il caso ci ha gettati nel mondo. Per l'esistenzialista e l'agnostico la questione non ha importanza rispondono "siamo stati" nel mondo. Per loro che senso può avere il Natale? Solo un'usanza, una ricorrenza sociale, un periodo di ferie. Ma per noi che crediamo in un Dio che si fa Uomo per noi, per me? Sempre più la nostra società moderna sembra sentirsi autosufficiente e senza bisogno di Dio e tanto meno del suo interesse e del suo amore. E c'è il pericolo che anche noi dimentichiamo il Padre che ha dato il suo Figlio per noi. In questi giorni di preparazione al Natale un pensiero che dovrebbe occupare la nostra mente è proprio quello del posto che Dio ha nella nostra vita. Dall'eternità Egli ha predisposto e preparato la strada del ritorno dall'esilio in cui noi ci eravamo cacciati. Egli stesso nella pienezza dei tempi, sarà colui che ci ricondurrà a casa. Oggi nel Vangelo Gesù ci dice che non solo Dio si cura di ciascuno, ma ci cerca se ci perdiamo, e con che fatica! E con che gioia ci riporta poi all'ovile sulle sue spalle! In questo tempo di Avvento nella Parola domina la fiducia e il conforto: è finita la nostra schiavitù, è stata scontata la nostra iniquità, per mezzo di Colui che viene, pieno di grazia e verità. Dalla sua pienezza riceveremo grazia su grazia. Dove è abbondata l'iniquità sovrabbonderà la grazia. Prepariamo quindi i nostri cuori a ricevere il nostro Dio. Il nostro terreno è tanto arido e scosceso, che potremmo scoraggiarci, ma è Lui che ci guida e ci porta in braccio, e con quale amore! Come un pastore egli fa pascolare il suo gregge... porta gli agnellini sul petto e fa camminare pian piano le pecore madri. All'estrema povertà dei nostri meriti supplisca, Signore, l'aiuto della tua misericordia. Ascoltare e meditare queste parole vuol dire vivere l'Avvento.
L'abba Isaia rispose alla domanda: "Che cos'è l'amore del denaro?». "È il non credere che Dio si prenda cura di te, il disperare delle sue promesse, e il voler farti grande da solo".
L'ELEZIONE DELL'ABATE Colui che è stato costituito abate pensi sempre quale peso si è assunto e a chi deve rendere conto della sua amministrazione (Lc 16,2); e sappia che deve più giovare che dominare. Per questo bisogna che egli sia dotto nella legge divina, perché sappia da dove trarre insegnamenti nuovi e antichi (Mt 13,52); sia casto, sobrio, misericordioso, umile, e sempre faccia prevalere la misericordia sulla giustizia (Gc 2,13), per ottenere lo stesso anche lui.