Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
24 - 30 Ottobre 2004
Tempo Ordinario XXX, Colore verde
Lezionario: Ciclo C | Anno II, Salterio: sett. 2

Commento alle Letture

Mercoledì 27 ottobre 2004

La famiglia: cellula della società

Come l'amore coniugale attinge forza e freschezza dall'unione con Cristo morto e risorto, così il rapporto fra genitori e figli per essere autentico, senza compromessi, tenero e rispettoso deve radicarsi nel Signore. San Paolo fa riferimento al V comandamento del Decalogo, dove viene usato il verbo onorare; "verbo che nella Bibbia viene riservato solo a Dio; onorare i genitori è quindi un atto di omaggio a Dio stesso, il riconoscere di essere generati dal suo amore di padre e di madre... dare il giusto peso ai genitori, significa non avvertirli come un peso, ma rispettarli in ogni situazione, specialmente di debolezza e di disagio, garantendo loro un sostentamento dignitoso, e facendo tesoro di tutta una tradizione di saggezza e di valori. L'esito del comando è - perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore tuo Dio -" (dal commento all' Esodo di A. Nepi). Sì, perché ciò che rende veramente liberi e felici è il donarsi, è permettere all'amore trinitario di riversarsi in noi e di diffondersi fuori di noi, è il far tacere l'egoismo che vorrebbe emergere sempre e prendere il sopravvento, facendoci credere che la felicità consiste nel goderci la nostra vita, la nostra indipendenza, le nostre vacanze...
Non che Dio voglia negarci tutto questo, ma vuole liberarci qualora questi nostri ansiosi desideri di libertà ci portano a far morire la verità in noi e a ferire gli altri, allora Egli ci ricorda quale grande dignità ci viene donata nel servire come Gesù ha servito, quale grande speranza ci è donata nell'amare come Lui ha amato, sapendo che come ricompensa riceveremo dal Signore l'eredità.
La famiglia è la cellula più importante della società, ma è anche la realtà più minacciata e meno difesa; dalla sua solidità dipende il buon andamento della vita politica, sociale, spirituale, siamo quindi chiamati ad amarla; custodirla difenderla.
Ecco che la Parola di oggi ci invita a mettere Dio al centro della nostra vita richiamandoci ai valori autentici dell'esistenza, la pazienza, la tolleranza, la fortezza, l'obbedienza, la correzione fatta per amore e con amore, il rispetto reciproco nel lavoro, insomma ciò che deve regolare ogni tipo di rapporto non ci stancheremo mai di ripeterlo è la carità disinteressata che rispecchia quella di Dio che ama sempre e tutti, senza parzialità… Solo questa carità ci può far gustare già su questa terra le gioie del cielo secondo quanto afferma san Giovanni della Croce: "Nella sera della vita sarai esaminato sull'amore. Impara ad amare Dio, come Egli vuol essere amato e lascia il tuo modo di fare e di vedere". E' quanto il Vangelo ci vuol comunicare con l'immagine della "porta stretta" e la "porta chiusa"; c'è un banchetto pronto per tutti coloro che hanno lottato, aiutati dallo Spirito Santo, contro i nemici interni senza perdere tempo, non per farsi grandi ma per farsi piccoli, credendo senza riserve, alla persona di Gesù e seguendola. Ciò che conta dunque nella vita non è fare tante cose per Dio, o parlare tanto di Lui, ma credere che Lui ha il potere di far rifiorire in noi ogni giorno i suoi stessi sentimenti, il cuore mite umile e docile perché sia la nostra stessa vita a parlare di Lui.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Un giorno abba Isacco il Tebano si recò in un monastero e, vedendo un fratello peccare, lo condannò. Partito per il deserto, gli si fece innanzi un angelo del Signore che si fermò davanti alla porta della sua cella e gli disse: "Non ti lascio entrare". Quello lo pregava: "Ma perché mai?". L'angelo gli rispose: "Mi ha inviato Dio dicendo: 'Digli: Dove ordini che io getti il fratello che è caduto e che tu hai giudicato?"'. Subito l'anziano si pentì e disse: "Ho peccato, perdonami". E l'angelo disse: "Alzati, Dio ti ha perdonato. Guardati d'ora in poi dal giudicare qualcuno, prima che l'abbia giudicato Dio".


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUELLI CHE SBAGLIANO IN CORO

Se qualcuno nel recitare salmo, responsorio, antifona o lettura commette uno sbaglio e non si umilia subito lì davanti a tutti con una pubblica soddisfazione, sia sottoposto a più grave castigo, perché non ha voluto riparare con un atto d'umiltà l'errore dovuto alla sua negligenza. I fanciulli invece, per mancanze di questo genere, siano battuti.

Cap.45,1-3.