"Il Signore rispose a Giobbe in mezzo al turbine (Gb 38,1). Dio rompe il suo silenzio dinanzi all'insistente richiesta di Giobbe e gli parla nel turbine, nel quadro tipico delle manifestazioni di Dio dell'AT; il turbine esprime tutto il dramma di un incontro personale in cui Dio si manifesta in tutta la sua potenza, sapienza e misericordia. Dio in realtà non risponde al perché di Giobbe cioè al perché della ingiusta sofferenza, ma inizia il suo discorso con una lunga serie di domande, quasi un'interrogazione improntata a bonaria ironia di un insegnante rivolta ad uno studente forse un po' troppo pretenzioso, che aveva osato giudicare il suo operato nella sua vita e lo aveva chiamato in causa per difendere la propria innocenza.
Il primo discorso di Dio riguarda la sapienza creatrice, discorso che confonde Giobbe e lo mette a tacere egli è decisamente impreparato. "Da quando vivi hai mai comandato al mattino e assegnato il posto all'aurora... sei mai giunto alle sorgenti del mare e nel fondo dell'abisso hai tu passeggiato? Ti sono state indicate le porte della morte e hai visto le porte dell'ombra funerea? Hai tu considerato le distese della terra? Dillo, se sai tutto questo! Certo, tu lo sai, perché allora eri nato e il numero dei tuoi giorni era assai grande!". (Gb 38,11.16-18.21).
Le domande alle quali neppure il più grande scienziato risponderebbe mettono in risalto la piccolezza, i limiti del saper umano di fronte all'onniscienza e onnipotenza divina; come può Giobbe e qualsiasi altra creatura chiamare in causa Dio, chiedere conto della sua giustizia? Di fronte a tanta grandezza come discutere con Lui e addirittura accusarlo di ingiustizia Lui che governa il mondo ed ha in mano le sorti di ogni uomo? (Gb 40,1-9).
Dopo questo stupendo discorso Giobbe si umilia, il suo "io" tace, i suoi lamenti e le sue proteste della sua innocenza si affievoliscono per lasciar posto ad un silenzio fatto di stupore dinanzi a un Dio trascendente che pure si è chinato su di lui per incontrarlo proprio nell'inaccessibilità del mistero della sua sofferenza. "Mi porto la mano alla bocca", dal silenzio di Dio nasce la Parola che genera, un silenzio che è sottomissione, rispetto, adorazione. Come ci poniamo noi dinanzi a ciò che non capiamo? Forse anche noi, come Giobbe, pretendiamo da Dio che ci spieghi tutto e subito, ma la pace non ci viene da sapere il perché, la pace deriva dall'accettare, momento per momento, la volontà del Padre, anche quando non si capisce, la pace deriva dal riconoscersi piccole creature amate da Dio, da Lui guidate con sapienza anche quando tale sapienza contrasta con la nostra ragione, la pace è dire con la Vergine Maria: "Eccomi" credendo profondamente che nulla è impossibile a Dio. Maria ha accolto in silenzio adorante tutto ciò che le accadeva conservandolo nel cuore, nella certezza che Dio non può volere il male perché Dio è amore, e sa trarre il bene anche dal male, donando al nostro dolore un valore redentivo, nella morte e risurrezione del suo diletto Figlio. Anche nel Vangelo siamo invitati, all'umile ascolto, a saper accogliere la presenza di Dio nella persona dei suoi ministri, dei superiori.
Gesù disse: "Chi ascolta voi, ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato"(Lc10,16). La Chiesa è santa e peccatrice, non possiamo pretendere che sia perfetta, Gesù ha voluto farsi aiutare da persone deboli e fragili come noi; e se Dio ama noi peccatori perché non dovrebbe amare i suoi ministri da lui eletti a rappresentarlo sulla terra?
Il Signore ci doni la grazia di sentirci da Lui fortemente e tenacemente amati fin dall'eternità, perché possiamo, a nostra volta, accogliere tutto e tutti con lo stesso amore docile e umile, nel silenzio fecondo fatto di ascolto. A tale proposito ci giovi ascoltare la testimonianza della piccola, grande santa che oggi festeggiamo: "Sì, lo sento quando sono caritatevole è Gesù solo che agisce in me, più sono unita con Lui, più amo anche tutte le mie sorelle. Quando voglio aumentare in me questo amore, soprattutto quando il demonio cerca di mettermi davanti agli occhi dell'anima i difetti di quella o quell'altra sorella che mi è meno simpatica, mi affretto a cercare le sue virtù, i suoi buoni desideri, mi dico che, se l' ho vista cadere una volta, ella può ben aver riportato un gran numero di vittorie che nasconde per umiltà, e persino ciò che mi pareva un errore può benissimo essere, a causa dell'intenzione un atto di virtù" (da Storia di un'anima msC). Quanta sapienza in queste parole! Cerchiamo di viverle.
Un anacoreta divenne vescovo. Pio e pacifico, non correggeva nessuno, sopportando con pazienza le colpe e i peccati di ciascuno. Ora, il suo economo non amministrava correttamente gli affari della Chiesa e alcuni vennero a dire al vescovo: «Perché non rimproveri questo economo così negligente?». Il vescovo differì il rimprovero. L'indomani gli accusatori dell'economo ritornarono dal vescovo, irritati contro di lui. Il vescovo, avvertito, si nascose in qualche parte e arrivando non lo trovarono. Lo cercarono a lungo, lo scoprirono alla fine e gli dissero: «Perché ti sei nascosto?». Egli rispose: «Perché ciò che sono riuscito ad ottenere in sessanta anni, a forza di pregare Dio, voi volete rubarmelo in due giorni».
QUALE DEVE ESSERE IL CELLERARIO DEL MONASTERO Se la comunità è numerosa gli si diano degli aiutanti, in modo che coadiuvato da loro possa adempiere l'ufficio assegnatogli senza perdere la pace dell'anima. Le cose da darsi e quelle da richiedersi si diano e si richiedano nelle ore stabilite, affinché nessuno si turbi o si rattristi nella casa di Dio.