Giubileo della Speranza Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
30 Marzo - 05 Aprile 2025
Tempo di Quaresima IV, Colore rosa
Lezionario: Ciclo C, Salterio: sett. 4

Commento alle Letture

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Domenica 30 marzo 2025

Laetare, rallegrati!

Oggi, quasi anticipando la gioia di Pasqua, il Signore Gesù ci svela, con la parabola più bella e amata del Vangelo, il Padre misericordioso e il figlio che ritorna, l’irrefrenabile misericordia e l’amore incessante che nutre per ciascuno di noi, la sua paziente e trepida attesa, il suo sguardo che arriva lontano fino al pascolo dei porci e diventa potente attrazione che richiama e converte: «Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò». Dopo la recuperata figliolanza, segue la gioiosa celebrazione conviviale, che segna il pieno reinserimento nella casa paterna: «Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». E cominciarono a far festa. I momenti oscuri vengono così cancellati, cominciando da quel triste: «Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta». Viene redento il peccato antico e sempre attuale: quello di reclamare una libertà piena e incondizionata, uscire dalla casa paterna, dall’ambito del suo amore, nella facile illusione di poter sperimentare l’ebbrezza di una supremazia che annulla ogni dipendenza. Ci ricorda tanto il momento fatale in cui i nostri progenitori hanno teso la mano per prendere e mangiare il frutto dell’albero proibito. Oggi come allora, il Signore, buon pastore, si mette alla ricerca della pecora smarrita ovunque e comunque si sia persa. La certezza di non restare mai soli, di essere anzi cercati, fa nascere quella speranza e quel ripensamento come primo moto verso la conversione: «Io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio». La consapevolezza di aver sperperato malamente i doni preziosi fa sperare di poter essere accolto soltanto come uno dei salariati. Il Signore, però, non ci vuole come salariati: in forza dello Spirito, non siamo più schiavi, ma figli. E se siamo figli, siamo anche eredi. Così vuole Dio. Che meraviglia! Dopo il peccato, siamo stati accolti, baciati, rivestiti, nutriti e festeggiati: «Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove» e, ancor più: «Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione». Abbiamo iniziato la Quaresima con un invito: «Convertitevi e credete al Vangelo»; ora sappiamo che la via alla conversione è più facile solo se confidiamo nella divina misericordia.
Mi alzerò…


Apoftegmi - Detti dei Padri

Fu domandato a un anziano: «Come avviene che io mi scoraggi senza tregua?». «Perché non hai ancora visto la meta», rispose.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALE DEVE ESSERE IL CELLERARIO DEL MONASTERO

Come cellerario del monastero sia scelto uno dei membri della comunità che sia saggio, maturo, sobrio, non mangione, non superbo, non turbolento, non insolente, non gretto, non prodigo, ma pieno di timor di Dio e che sia come un padre per tutta la comunità. Abbia cura di tutti; non faccia nulla senza il consenso dell'abate; si attenga agli ordini ricevuti. Non contristi i fratelli; se per caso uno di loro gli chiede qualcosa fuori posto, non lo rattristi respingendolo con disprezzo, ma con buone ragioni e con umiltà dica di no alla sua richiesta inopportuna. Abbia cura della propria anima, memore sempre di quel detto dell'apostolo che chi avrà ben servito si acquisterà un grado onorifico (1 Tm 3,13). Riservi ogni premura con la massima sollecitudine specialmente agli infermi, ai fanciulli, agli ospiti e ai poveri, ben sapendo che di tutti questi dovrà rendere conto nel giorno del giudizio.

Cap.31,1-9.