Continua l'insegnamento di Gesù durante un convito in casa di un insigne fariseo. Precedentemente parlava della scelta dei posti e diceva che nel banchetto della vita bisognava saper occupare il proprio posto con spirito d'umiltà. Oggi parla della scelta dei commensali, ma la sua parola anche qui sconvolge completamente la nostra sensibilità umana. "Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici". Gesù non è un contestatore che critica tutte le convenzioni sociali, ma un maestro di vita che fa osservare i profondi motivi dell'agire comune e che introduce cambiamenti nel senso di indurre ad una prassi nuova, più attenta a tutti e solidale con i più bisognosi. E' molto logico fare del bene a chi ci fa del bene, ed è, altrettanto logico lasciare fuori, da questo cerchio del bene, chi del bene a noi non fa. Penso che tuttavia bisognerà andare oltre al semplice gesto dell'invito, che pur contiene un vero rapporto d'intimità e quindi non esclude per sé la parentela. Gesù insegna a qualificare tutto il proprio comportamento, davanti agli altri come disinteressato, puro da ogni aspettativa di contraccambio, di calcolo. "Al contrario, quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti". Beatitudine strana, ma vera: è la somiglianza con Dio, che è amore gratuito. La scelta, l'impegno e la solidarietà, servizi encomiabili, via cristiana per i poveri, non debbono essere poi strumento di dominio, ci si può far gioco dei poveri, creando una schiavitù legalizzata. Non è neppure un 'dare o un prestarsi' per sgravarsi la coscienza per i tanti sensi di colpa. Tutto deve scaturire dalla conoscenza di Dio, che ha scelto i poveri e si è identificato con loro. "Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti".
Disse ancora l'Abba Macario: Se volendo rimproverare qualcuno sei indotto alla collera, soddisfi una tua passione; non perdere te stesso per salvare un altro.
IL LAVORO MANUALE QUOTIDIANO In giorno di domenica tutti si dedichino alla lectio, eccetto chi è occupato nei vari servizi. Se poi un fratello è così svogliato e indolente che non voglia o non possa studiare o leggere, gli si dia qualcosa da fare, perché non rimanga in ozio. Ai fratelli infermi o di gracile costituzione si assegni un lavoro o un mestiere tale che non li faccia stare in ozio, ma allo stesso tempo non li opprima con l'eccessiva fatica costringendoli a rinunciarvi; la loro debolezza deve essere tenuta in considerazione dall'abate.