Partendo dalla prima lettura, la Lettera agli Ebrei, che ci sta accompagnando ormai da diversi giorni, la parola alleanza emerge con due significati complementari. Prima di tutto indica il patto di Dio con il suo popolo. Il concetto greco di alleanza significa anche testamento. Esso è valido solo dopo la morte di colui che lo ha scritto. In questo caso Gesù, con la sua morte, ha stabilito in modo irreversibile l’impegno di Dio per la nostra salvezza. Ecco perché il salmista canta con ragione: “cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto prodigi. Egli si è ricordato del suo amore, della sua fedeltà alla casa di Israele”. Tutti partecipiamo al canto nuovo perché nella morte di Gesù l’amore di Dio ha raggiunto ciascuno di noi. Nel vangelo di sabato scorso, se i parenti di Gesù hanno detto: “E’ fuori di sé”, oggi invece gli Scribi che erano venuti da Gerusalemme, vanno oltre esagerando: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del principe dei demòni»”. Questo modo di pensare secondo la tradizione evangelica, di cui si fa eco l’evangelista, è lo stravolgimento totale del significato dei gesti di liberazione compiuto da Gesù. Si dice che una delle tecniche migliori per combattere i nemici è demonizzarli, trasformali in male assoluto. Nel Vangelo di oggi, gli Scribi ci provano anche con Gesù. Però lui non ci casca e controbatte: “Come può satana scacciare satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non può reggersi”. Il diavolo è il padre della divisione, ma per essere efficace agisce con unità, con compattezza, senza divisione. Come è possibile che non capiamo ancora che il bene per essere bene deve agire allo stesso modo? Che cos’è che rende la Chiesa, le nostre comunità religiose e le famiglie quasi senza sapore? Le divisioni! In questa settimana dell’unità dei cristiani chiediamo al Signore lo Spirito di amore e di unità, di perdono e di riconciliazione. Amen!
Allontànati dal mondo intero con il corpo, e unisciti al mondo intero con il cuore.
CONVOCAZIONE DEI FRATELLI A CONSIGLIO Ogni volta che in monastero si devono trattare questioni di particolare importanza, l'abate convochi tutta la comunità ed esponga lui stesso di che si tratta. Dopo aver sentito il parere dei fratelli, consideri la cosa tra sé e poi faccia quello che gli sarà parso più utile. Ma abbiamo voluto che tutti siano chiamati a consiglio, perché spesso è al più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore.
Però i fratelli esprimano il loro parere con tutta la sottomissione che l'umiltà ispira, senza presumere di sostenere ostinatamente il proprio punto di vista; la decisione invece dipenda dal giudizio dell'abate, in modo che tutti si attengano a ciò che egli avrà ritenuto più opportuno. Tuttavia, se è doveroso per i discepoli obbedire al maestro, è altrettanto conveniente che egli disponga tutto con prudenza e giustizia.