“Gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano”. L’episodio, a cui si riferisce il vangelo odierno non ha nulla a che fare con i fratelli e le sorelle che vivono questo tipo di infermità fisica, perché ci sono molte persone in odore di santità proprio tra coloro che passano la vita con questo tipo di diversità fisica. Ciò non significa che Gesù, con il suo potere, non potesse liberarci da di malattie fisiche. Quello che il Vangelo vuole mettere in evidenza ha a che fare con uno stato interiore di impossibilità di ascoltare. Avvolte molte persone che incontro nella vita sono affette da questo mutismo e sordità spirituale. Nell’accompagnamento spirituale, è sempre opportuno incoraggiare di trovare coraggio di parlare, senza sentirsi giudicati la chiusura interiore non ripaga mai. In questo brano, Gesù fa qualcosa che è altamente eloquente: “portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente”. Quindi è ovvio che solo a partire da un’intimità profonda con Gesù è possibile il movimento da una condizione di chiusura ad una condizione di apertura. Solo l’incontro con Gesù può aiutarci ad aprirci. Oggi non dobbiamo trascurare che lo stesso Gesù continua a toccarci attraverso i sacramenti. I sacramenti sono davvero realtà concrete che rendono possibile la medesima esperienza raccontata nel vangelo di oggi. Ecco perché una profonda, vera e autentica vita sacramentale può aiutarci, più di molti discorsi. Però ci vuole un motivo: volerlo. Infatti la cosa che ci sfugge forse in questa scena, è che questo sordomuto viene sì portato da Gesù, ma poi è lui a decidere di lasciarsi condurre da Gesù lontano dalla folla. Quindi anche noi lasciamoci guidare e toccare da Gesù!
Discernimento «Un anziano disse: "Non fare niente prima di aver esaminato il tuo cuore per vedere se ciò che stai per fare è secondo Dio"».
L'UMILTÀ Il primo gradino dell'umiltà si sale quando, avendo sempre davanti agli occhi il timor di Dio, si fugge nel modo più assoluto la dimenticanza; ci si ricorda sempre di tutti i comandamenti di Dio e si medita continuamente nel proprio cuore come cadano nella geenna per i loro peccati quelli che disprezzano Dio e come la vita eterna sia preparata per quelli che lo temono; e, guardandosi ogni momento dai peccati e dai vizi di ogni genere, cioè dei pensieri, della lingua, degli occhi, delle mani, dei piedi, della volontà propria, nonché dai desideri della carne, ci si affretti ad amputarli.