Mai mente umana avrebbe potuto immaginare che un Dio si facesse simile a noi nella debolezza e che venisse in un modo così silenzioso, nascosto, nel cuor della notte, nato da una ragazza semplice nella più grande dimenticanza e indifferenza degli uomini. Solo la sapienza divina, di cui nella prima lettura, ha saputo realizzare un piano di salvezza che sconvolge tutti i nostri calcoli. Per questo motivo San Paolo, all'inizio della lettera agli Efesìni, estasiato dinanzi al progetto di Dio, rivolge un inno di benedizione a Lui che ha voluto effondere sull'umanità l'abbondanza dei suoi doni. Dal suo cuore, nella contemplazione di questo mistero di amore, esclama: "Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza siete stati chiamati..." Abbiamo proprio bisogno di questa luce divina che dissipi le tenebre della nostra corta intelligenza per accogliere il grande mistero di Dio. Lasciamoci illuminare anche noi da questa luce divina perché possiamo contemplare Dio nella sua eternità, nella vita unione con il suo unigenito, nella Incarnazione del Verbo, nella sua venuta tra la sua gente, che purtroppo, non riconoscendolo come inviato dal Padre, lo rifiuta fino a condannarlo come un bestemmiatore. Così il dono del Padre diventa motivo di riprovazione per quanti non credono, fonte di luce e di salvezza per quanti lo accolgono con cuore sincero. Siamo grati al Signore se ci è concesso di poter assaporare tutta la dolcezza di questa rivelazione della vita divina: occorre la fede, è vero, ma Dio che vuole essere conosciuto e amato, non fa mancare il suo aiuto a chi si accinge a contemplare la divina sapienza e ad accoglierlo nel proprio cuore con intenso amore.
Disse abba Eulogio: «Non parlatemi dei monaci che non ridono mai. Non sono seri».
PROLOGO ALLA REGOLA DI SAN BENEDETTO Innanzitutto chiedi con preghiera insistente che sia lui a portare a compimento ogni opera buona che ti accingi a fare; perché egli, che si è degnato di annoverarci nel numero dei suoi figli, non debba mai rattristarsi per la nostra indegna condotta. Dobbiamo infatti obbedirgli sempre, avvalendoci dei doni che ci ha fatto, in modo che egli non debba un giorno, non soltanto come padre sdegnato privarci dell'eredità dei figli, ma neppure, come padrone tremendo, irritato dalle nostre colpe, consegnarci alla pena eterna, quali servi malvagi che non hanno voluto seguirlo alla gloria.