Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
03 - 09 Febbraio 2008
Tempo di Quaresima , Colore viola
Lezionario: Ciclo A, Salterio: sett. 4

Commento alle Letture

Giovedì 07 febbraio 2008

Perdere la vita per salvarla.

Nel brano evangelico della liturgia odierna Gesù unisce tra di loro due temi che sembrano essere estranei tra di loro. Vi è innanzitutto una profezia che lo riguarda direttamente e che può suonare, agli orecchi dei discepoli come stupefacente. Gesù ha iniziato la sua predicazione con miracoli, guarigioni portentose e proclamandosi, come il Messia annunciato, il vero Profeta ed il Figlio di Dio. Ora parla della sua fine a Gerusalemme, e questo costringe i discepoli ad una severa riflessione. La morte del Messia non è contemplata nella prospettiva di salvezza che hanno in mente. I discepoli, infatti, si aspettano un messia per il riscatto della loro vita materiale; non può essere quindi che sia sconfitto su una croce ignominiosa. Gesù poi fornisce un insegnamento nel quale invita i suoi discepoli a spogliarsi di se stessi per seguirlo. Li invita ad acquisire la vita vera, quella nell'amore di Dio. Bisogna, allora rinunciare alle proprie ambizioni personali, macchiati molte volte di egoismo, per poter vivere nella pienezza di grazia che Dio ci dona con la sua morte e resurrezione. Possiamo scoprire allora il significato profondo della sua Morte e Resurrezione nella possibilità, per noi, a diventare figli di Dio per partecipare alla sua gloria di amore.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Un fratello ha detto ad un anziano: «Io non vedo lotte nel mio cuore». L'anziano gli rispose: «Tu sei un edificio aperto da tutti i lati. Chiunque entra da te e ne esce a proprio piacimento. E tu, tu non sai ciò che accade. Se tu avessi una porta, se tu la chiudessi ed impedissi ai cattivi pensieri di entrare, allora li vedresti fermi all'esterno e combattere contro di te».

Avere una porta per sapere ciò che accade.

Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

L'OBBEDIENZA DEI DISCEPOLI

E difatti parlare e insegnare è compito del maestro, tacere e ascoltare è dovere del discepolo. Quindi, se si deve chiedere qualcosa al superiore, lo si faccia con tutta umiltà e sommo rispetto, in modo da non parlare più di quanto sia conveniente. Quanto poi alle volgarità, alle parole inutili o alle buffonerie, le escludiamo nel modo più assoluto da tutto l'ambito del monastero e non permettiamo che il discepolo apra la bocca a tali discorsi.

Cap.6,6-8.