L'evangelista Luca distingue bene tra i segni che preannunciano la fine di Gerusalemme e del mondo, sempre in tono apocalittico, e le difficoltà ordinarie che i discepoli di Cristo dovranno sostenere nel corso dei secoli. "Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno". E' quanto è avvenuto prima della distruzione di Gerusalemme, descritto negli Atti degli Apostoli, e quanto accadrà in futuro. Il discepolo cammina sulle orme del suo Maestro. Il motivo dei processi e delle condanne, dice Gesù, è a "causa del mio nome". La persecuzione quindi fa parte della sequela, e dal discepolo è vista come attuazione dell'esigenza di portare la croce. Essa sarà una "occasione per rendere testimonianza". A tale scopo Gesù medesimo darà ai suoi discepoli "lingua e sapienza a cui tutti gli avversari non potranno resistere, né controbattere". La fede nel messaggio evangelico giungerà anche a dividere i membri di una stessa famiglia: "Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli". Per questa prova estrema sarà assicurata a loro la presenza consolatrice di Gesù che non solo li renderà eloquenti davanti ai tribunali, ma li tutelerà con una paterna protezione: "Nemmeno un capello del vostro capo perirà". Il cammino del cristiano è aspro come è stato il suo, ma "non temete. Ho vinto il mondo". Non asseconda la paura, ma infonde l'ottimismo malgrado tutto: "Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime". Questa è la legge stabilita da Dio nella storia della salvezza umana: la vita nasce dalla morte e, attraverso la croce, autentica testimonianza, si raggiunge la gloria della risurrezione. Questo è anche la forza del Regno, che fu messo in evidenza nel mistero pasquale di Gesù Cristo, nella sua morte e risurrezione, e che si realizza allo stesso modo anche nel cristiano che persevera con Cristo, nell'attesa del suo ritorno.
Abba Epifanio diceva: "La cananea grida forte ed è esaudita, l'emoroissa tace e viene detta beata, il fariseo grida ed è condannato, il pubblicano non apre nemmeno la bocca ed è esaudito".
I SACERDOTI CHE VOLESSERO EVENTUALMENTE ENTRARE IN MONASTERO Se qualcuno dell'ordine sacerdotale chiede di essere accolto in monastero, non si acconsenta troppo presto. Tuttavia, se persiste con insistenza nella sua domanda, gli si faccia capire che dovrà osservare in tutto la disciplina della Regola e che non gli si farà alcuna concessione, in modo che valga per lui ciò che è scritto: «Amico, che sei venuto a fare?» (Mt 26,50 Volg.). Gli si permetta nondimeno di prendere posto dopo l'abate, di dare la benedizione e di celebrare la Messa, sempre che l'abate glielo consenta; altrimenti non pretenda nulla in alcun modo, sapendo di essere soggetto alla disciplina regolare; dia piuttosto a tutti esempio di umiltà.