L'evangelista nota che tra l'immensa folla che era convenuta per la festa, vi erano alcuni greci che volevano vedere Gesù. La loro comparsa non è un dato di cronaca. Sta a indicare che l'opera di Gesù ormai si aprirà a tutti gli uomini. Ecco la prova. Gesù rispose: "E' giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo". Gesù non risponde ai greci, eppure glieli avevano presentati, ma ai discepoli, che dovranno continuare la sua missione. Nella sua risposta mostra "dove" - sia loro che gli altri - possono vedere il Signore: sulla croce."Voi che un tempo eravate lontani, ora siete diventati vicini grazie al sangue di Cristo. Egli è la nostra pace, avendo distrutto l'inimicizia che era fra noi". La necessità di questa sua morte la raffigura nella seguente immagine. "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore porta molto frutto". Se il Figlio unico non comunicasse la propria vita ai fratelli, rimarrebbe solo. In questo caso non sarebbe più Figlio di Dio, perché non vivrebbe nell'amore che il Padre ha verso tutti i suoi figli. L'egoismo è sterile, è morte. Il seme che non muore, non si riproduce. Una vita che non si dona è morta. La glorificazione del Figlio sulla croce è la stessa immagine del seme che muore. Gesù dando la vita, si rivela uguale al Padre, principio di vita per tutti. I greci che vogliono vedere Gesù, sono la primizia di questa fecondità. Siamo stati generati, per generare nello Spirito. Siamo coinvolti in un medesimo destino di morte e di gloria: "Chi ama la sua vita, la perde. Chi odia la sua vita, la dona. Chi mi serve, mi segue. Dove sono io, là sarà anche il mio servo." Conferma e risposta per essere solidali con Cristo. E Gesù, giunto ormai alla sua "ora", esclama: "l'anima mia è turbata... ma per questo sono giunto a quest'ora". Si sente, rassicurante, la voce del Padre, non per lui, ma per noi, affinché lo riconosciamo Figlio. Come sempre, il Vangelo, anche quando ci racconta la storia di un chicco, ci parla della nostra vita, raggiunta dall'amore. A loro volta quei chicchi cadranno in terra, ma non morranno inutilmente.
L'abate Agatone dava sovente questo consiglio al suo discepolo: Non appropriarti mai di un oggetto che non vorresti cedere immediatamente a chiunque.
GLI ATTREZZI E GLI ALTRI OGGETTI DEL MONASTERO Per tutto quanto il monastero possiede in attrezzi o vestiario o altri oggetti di vario genere, l'abate scelga dei fratelli su cui possa fare affidamento per la loro vita e i loro costumi e a suo giudizio consegni a ciascuno le singole cose perché le tengano in ordine e le raccolgano. E di tutto l'abate tenga un inventario, perché quando i fratelli si avvicendano nell'incarico, sappia quello che dà e quello che riceve. Se poi uno tratta con poca pulizia o con negligenza gli oggetti del monastero, sia ripreso; e, se non si corregge, sia sottoposto alla disciplina regolare.