Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
06 - 12 Febbraio 2005
Tempo Ordinario V, Colore verde
Lezionario: Ciclo A | Anno I, Salterio: sett. 1

Commento alle Letture

Martedì 08 febbraio 2005

Quando la tradizione mortifica la verità.

Ancora una volta scribi e farisei, in veste di critici osservatori del Cristo e dei suoi discepoli, si riuniscono intorno a Gesù. Essi non sono guidati dal desiderio di ascoltare la Parola di verità che esce dalla sua bocca, come facevano folle numerose con docilità ed attenzione, ma cercano ogni volta, con meschina scaltrezza, di coglierlo in fallo per poi poterlo accusare. Sicuramente è la gelosia a smuoverli: le persone umili e semplici rimangono affascinate da quanto Gesù va annunciando, sono piene di meraviglia per le opere prodigiose che egli compie, la sua fama si sta diffondendo ovunque. La loro autorità invece viene messa fortemente in crisi, si sentono accusati di ipocrisia ed essi, che impongono pesi insopportabili agli altri, ma che loro neanche osano toccare con un dito, non tollerano l'invadenza del Cristo. Ecco i motivi delle loro trame e dei loro cavilli giuridici con cui tentano di screditare il Signore. Si preoccupano del fatto che i suoi discepoli non si attengano alle prescrizioni della legge e violano così la tradizione non lavandosi le mani prima di prendere cibo. L'accusa si ritorce contro di loro, perché in nome della tradizione hanno fissato la loro attenzione ad atti esteriori e non essenziali ai fini di una autentica religiosità, trascurando invece l'osservanza di precetti divini di primaria importanza: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto- dice loro il Signore -: "Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». Viene così definito chiaramente il peccato degli scribi e dei farisei: le tradizioni proposte dagli uomini prevalgono sui comandamenti scanditi da Dio. Può accadere anche ai nostri giorni. Il fariseismo trova ancora proseliti specialmente tra coloro che concepiscono la religiosità come folklore e cercano se stessi manipolando la parola di Dio.


Il volto umano esprime l'identità unica ed irrepetibile della persona. Il volto di Gesù identifica la sua persona umano-divina. Egli è vero uomo e vero Dio. Il Lui quindi noi vediamo il Verbo che si è fatto carne, la manifestazione del Dio invisibile. È la rivelazione del Padre nella incarnazione del Figlio avvenuta per opera dello Spirito Santo nel seno verginale di Maria santissima. Nel volto di ognuno di noi è scritta tutta la nostra storia. Il volto che oggetto della nostra devozione noi vediamo scritta tutta la grande passione di amore che Cristo ha sofferto per noi. C'è scritta la sua e la nostra passione. Vi scorgiamo inciso con i caratteri della violenza il segno crudele del nostro peccato e la risposta misericordiosa del Dio offeso. In questa prospettiva possiamo dire che tutta la storia della redenzione, nei suoi tratti essenziali, è fedelmente riportata e scritta in quel volto. C'è quindi anche la nostra storia personale e quella della nostra umanità. Per noi che contempliamo con fede il volto di Cristo ci appaiono non solo i segni della passione, ma anche quelli trasfiguranti della gloriosa risurrezione. Non smettiamo di credere e di affermare che sotto le sembianze di quel volto sfigurato e martoriato si nasconde ancora il più bello dei figli degli uomini. Bellezza suprema è per noi non solo armonia di forme, ma ancor più perfetta conformità alla volontà del Padre. Il bene vero infatti ci adorna della vera bellezza. Tutto ciò ci ispira un sereno e motivato ottimismo: non smettiamo di considerare la triste realtà del peccato, ma siamo ormai certi della divina trasfigurazione che ci consente di passare dalla tragedia della passione alla gioia perenne della risurrezione. E tutto questo vale per ognuno di noi, vale per la nostra umanità, solcata dalle tragedie del peccato, ma sempre guardata con infinita misericordia.

Apoftegmi - Detti dei Padri

"Un fratello chiese ad abba Arsenio di dirgli una parola. L'anziano gli disse: «Lotta con tutte le tue forze perché la tua attività interiore sia secondo Dio e così vincerai le passioni esteriori».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

L'UMILTÀ

La divina Scrittura, fratelli, ci grida: «Chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato» (Lc 14,11). E con questa affermazione vuol farci capire che ogni esaltazione è una specie di superbia; cosa da cui il profeta dichiara di guardarsi quando dice: «Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze» (Sal 130,1). E allora? «Se non nutro sentimenti di umiltà ma esalto il mio cuore, tu mi tratterai come un bambino svezzato dal seno di sua madre» (Sal 130,2 Volg.).

Cap.7,1-4.