Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
26 Settembre - 02 Ottobre 2004
Tempo Ordinario XXVI, Colore verde
Lezionario: Ciclo C | Anno II, Salterio: sett. 2

Commento alle Letture

Mercoledì 29 settembre 2004

Imitiamo sulla terra i cori degli angeli.

San Michele Arc."Ci sono ma non si vedono". Sì, sono proprio loro, i fedelissimi angeli che, da bambini, tutti abbiamo imparato a pregare ma che forse, col passar del tempo, abbiamo messo da parte perché la nostra autosufficienza spesso ci suggerisce che aver bisogno di loro è roba di bambini. Invece non è così, dovremmo avere l'umiltà e l'audacia di pregarli perché essi sono spiriti celesti che stanno sempre al cospetto di Dio e che hanno lo stesso compito dell'avvocato di difesa dinanzi al giudice. Essi infatti, presentano a Dio le necessità e le preghiere degli uomini, scusando i loro peccati e presentando le opere buone (Ap 8,3); aiutano, inoltre, gli uomini a realizzare il disegno d'amore che Dio sogna per la loro vita, li difendono dai pericoli, li aiutano nel combattimento contro il male, li consolano, li guariscono.
Il passo della liturgia di oggi tratto dal libro dell'Apocalisse ci invita a riflettere in modo particolare, sulla lotta che l'Arcangelo Michele ingaggia contro Satana e i suoi angeli (Ap12,7-12). La guerra scoppiata in cielo potrebbe essere il segno delle guerre che scoppiano sulla terra. Alla radice di ogni guerra infatti, è la sete di potere, la paura di perdere il proprio prestigio personale e nazionale, la superbia della vita. Satana è tutto questo.
Secondo l'etimologia ebraica il nome significa l'avversario, l'accusatore, nemico degli uomini, il contrario degli angeli, fa la parte dell'avvocato d'accusa, di colui che tenta in tutti i modi di distruggere l'uomo, di coglierlo in fallo, di spingerlo al male (Gb1,6-11). Satana ha un suo regno, quello delle tenebre, non vuol perdere il suo potere sull'uomo. La guerra è causata dalla nascita di un bambino, di un "figlio maschio" partorito dalla donna, non è un bambino qualunque ma è il Figlio dell'uomo, il Cristo che con la sua morte e risurrezione al cielo provocherà la caduta del drago, la sua definitiva sconfitta. Per questo Satana gli muove guerra.
Questa Parola ci chiama a credere nella presenza di Satana nella nostra storia e in quella di tutta l' umanità, ad essere vigilanti, per sfuggire, per smascherare le sue insidie ma nel contempo ci apre il cuore alla speranza perché il male, il peccato non possono avere l'ultima parola perché Cristo è risorto e siede alla destra del Padre e intercede per noi.
Gesù nel Vangelo dice a Natanaele, che si meraviglia perché Lui lo conosce così a fondo: "Vedrai cose maggiori di queste!... in verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo". (Gv 1,50-51).
Gesù è la scala di Giacobbe (Gen 28,10-17), perché divenendo uomo ci ha donato di divenire figli di Dio, è disceso dal cielo, Lui l'Angelo per eccellenza, per sconfiggere il peccato e la morte e per farci salire in cielo: "Per grazia siete stati salvati. Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli in Cristo Gesù" (Ef 2,5). E gli angeli che scendono e salgono lungo la scala sono ministri, nostri servi, ad esempio di Gesù, perché possiamo più facilmente conseguire questo mirabile scambio, questa comunione sublime con il Regno del Padre.
La pace del mondo la costruiamo noi mediante la carità, gettando il velo della misericordia sulla povertà nostra e altrui. Rendiamo grazie a Dio per questa bella festa insieme con il salmista... "A te voglio cantare davanti agli angeli" (Sal 137,2). Imitiamo sulla terra i cori degli angeli del cielo. (Teodoreto).


Apoftegmi - Detti dei Padri

Fu domandato a un anziano: «Come avviene che io mi scoraggi senza tregua?». «Perché non hai ancora visto la meta», rispose.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALE DEVE ESSERE IL CELLERARIO DEL MONASTERO

Come cellerario del monastero sia scelto uno dei membri della comunità che sia saggio, maturo, sobrio, non mangione, non superbo, non turbolento, non insolente, non gretto, non prodigo, ma pieno di timor di Dio e che sia come un padre per tutta la comunità. Abbia cura di tutti; non faccia nulla senza il consenso dell'abate; si attenga agli ordini ricevuti. Non contristi i fratelli; se per caso uno di loro gli chiede qualcosa fuori posto, non lo rattristi respingendolo con disprezzo, ma con buone ragioni e con umiltà dica di no alla sua richiesta inopportuna. Abbia cura della propria anima, memore sempre di quel detto dell'apostolo che chi avrà ben servito si acquisterà un grado onorifico (1 Tm 3,13). Riservi ogni premura con la massima sollecitudine specialmente agli infermi, ai fanciulli, agli ospiti e ai poveri, ben sapendo che di tutti questi dovrà rendere conto nel giorno del giudizio.

Cap.31,1-9.