Che cosa si deve fare, dunque, con i peccatori? Una comunità di matrice ebraica, come quella mattana, è abbastanza equipaggiata per rispondere su una base giuridica, con una casistica articolata a questa domanda. I vv. 15-18 del discorso ecclesiale sono un piccolo saggio di disciplina canonica: delineano il modo in cui agire con il peccatore all'interno della chiesa, un modo ispirato alla misericordia e alla gradualità. In concreto, si debbono seguire tre tappe: a) la correzione personale "fra te e lui solo"; b) alla presenza di due o tre testimoni; c) di fronte a tutta la chiesa, ossia l'assemblea locale.
Il peccato di cui si tratta qui, è certamente un peccato pubblico, non solo un'offesa personale: "Se il tuo fratello peccherà". [
]
Si può dare tuttavia il caso estremo di qualcuno che rifiuta qualsiasi correzione (sia personale che pubblica): in questo caso scatta la scomunica. [
]
La comunità messianica, almeno nei suoi capi, è dotata di questo potere di ammissione o di esclusione, su questo non c'è dubbio. Resta però che la scomunica, pur essendo un atto legittimo e perfino difendibile, in certi casi, come quello più misericordioso (cf 1Cor 5, 4-5), è un'extrema ratio. Il vero potere conferito dal Signore alla sua chiesa è il sacramento del perdono, l'atto di sciogliere piuttosto che di legare. Vi è ancora una cosa che si può fare per il peccatore, qaund'anche si fossero esaurite tutte le possibilità di correzione, ed è la preghiera.
I vv. 19-20, che parlano della preghiera non stanno qui per caso, e vanno uniti a quanto precede. Al v. 16, citando Dt 19, 15, si parlava della necessità di due o tre testimoni per poter decidere una causa. Ci si poteva chiedere. che cosa sono chiamati a testimoniare? Il peccato di cui è accusato il fratello, o il suo rifiuto di convertirsi? Non era chiaro. Adesso però si dice una cosa che essi possono fare, sempre e comunque: "accordarsi" per domandare a Dio, nella preghiera, non semplicemente "qualunque cosa" (CEI) ma un "affare qualsiasi", dove "affare" (prâgma) è termine tecnico per una controversia all'interno della comunità (cf 1Cor 6, 1). Siamo dunque rimandati, senza ombra di dubbio, all'"affare" precedente. Per risolverlo l'espediente più efficace è la preghiera comune. Perché, quando c'è unanimità nella preghiera, è come se il Signore stesso fosse presente e giudicasse in mezzo alla comunità. A queste condizioni, la preghiera è certamente efficace, perché è la preghiera stessa di Gesù al Padre. Ma Matteo sembra avvertire la sua chiesa che, prima di giungere a soluzioni estreme, non occorre solo aver tentato tute le strade possibili con il peccatore: occorre soprattutto aver pregato a lungo e unanimemente.
(da A. MELLO, Evangelo secondo Matteo, Qiqajon 1995, 325-328)
Tutto deve essere «compiuto nei tempi adatti e nelle misure opportune; ciò che è immoderato e inopportuno, è di breve durata, e le cose di breve durata sono più che altro nocive e non giovevoli».
L'UMILTÀ La scala poi innalzata è la nostra vita su questa terra: mediante l'umiltà del cuore essa viene dal Signore elevata verso il cielo; e i montanti di questa scala diciamo che sono il nostro corpo e la nostra anima: tra questi lati la chiamata di Dio ha inserito diversi gradini di umiltà e di disciplina spirituale da salire.