Neanche gli Apostoli sono immuni dalla tentazione delle umane grandezze. Due di loro ne fanno motivo di supplica al loro maestro: "Noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo". Gesù consente che la loro richiesta sia chiaramente esplicitata: "Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra". Nutriamo dei seri dubbi che i due abbiano davvero capito cosa significhi sedere nella gloria del Cristo. Siamo certi anzi che essi non hanno ancora potuto sperimentare e comprendere quel misterioso trono di gloria che s'identifica con il sorbire un calice di passione e poi scalare la croce di morte. Gesù stesso dice loro: "Voi non sapete quel che domandate". Riappare ancora nella nostra storia, subdola e malefica, quell'antica radice che ancora alligna nel nostro cuore, la superbia, la presunzione di una completa autonomia, che ci ha già indotto al primo peccato. I due, e tutti noi con loro, per aspirare alla vera gloria, dobbiamo dichiarare la nostra completa disponibilità a bere il calice che Cristo a sorbito sino alle feccia e a ricevere quel battesimo di sangue che è il martirio della nostra vita, vissuta con Cristo e offerta con il suo Sacrificio. Per far questo dobbiamo abbandonare definitivamente i pensieri di gloria che sgorgano dalle nostre brame e ogni desiderio di potere e di dominio. Per essere grandi agli occhi di Dio dobbiamo farci piccoli e diventare umili servitori dei nostri fratelli, sempre pronti a dare e meno propensi a ricevere. Ciò richiede una vera e completa conversione rispetto alla mentalità corrente del mondo. Dobbiamo metterci alla scuola di Cristo che si è umiliato nella carne, pur essendo di natura divina, ed ha accettato l'obbrobrio della croce divenendo schiavo per amore. La nostra gloria è quindi misurata dalla capacità di amare e di servire e non dall'ampiezza del potere. Ci offre uno splendido esempio Madre Teresa di Calcutta che oggi viene proclamata beata: lei, esaltata ed ammirata in ogni parte del mondo, dagli uomini di ogni razza e religiosità, è rimasta umile e piccola e mai ha smesso di indirizzare a Dio ogni merito. Di lei davvero possiamo dire che ha speso la vita per Cristo e ne ha fatto dono per il riscatto di tanti poveri e sofferenti. È quindi logico che ora, e soltanto ora, gli sia attribuito un seggio di gloria, gloria che non è di questo mondo, ma appartiene a Dio ed Egli l'ha preparato per i poveri e i piccoli, per i fedeli imitatori del Figlio suo Gesù Cristo.
Disse un anziano: «L'umiltà non è uno dei piatti del festino, ma il condimento che insaporisce tutti i piatti».
CHE NESSUNO PARLI DOPO COMPIETA In ogni momento i monaci devono coltivare il silenzio, ma soprattutto nelle ore notturne. Perciò in tutti i tempi, sia nei giorni di digiuno che nei giorni del doppio pasto, ci si regoli così: se è un giorno in cui c'è il pranzo, i fratelli, appena alzatisi da cena, si riuniscano tutti insieme e uno legga le Collazioni o le Vite dei Padri o altro testo che edifichi chi ascolta; ma non i primi sette libri della Bibbia o i libri dei Re, perché alle menti deboli non sarebbe utile udire a tale ora queste parti della Scrittura, le quali tuttavia si devono leggere in altri momenti. Se invece è giorno di digiuno, dopo la celebrazione dei Vespri, fatto un breve intervallo, si riuniscano subito per la lettura delle Collazioni, come abbiamo detto sopra; se ne leggano quattro o cinque fogli o quanto l'ora permette, per dare modo a tutti, durante il tempo della lettura, di radunarsi insieme, anche quelli occupati in qualche ufficio loro assegnato.