Dai Vangeli appare chiaro che giudizi diametralmente opposti suscita Gesù nei suoi uditori: alcuni lo esaltano, credono in Lui, lo riconoscono come il profeta inviato da Dio, lo identificano con il Messia atteso, gli riconoscono una "autorità" che non riescono a scorgere nei capi religiosi del tempo. Altri tramano continuamente contro di lui cercando subdoli e maligni pretesti per accusarlo. Coloro che lo cercano sono prevalentemente i poveri e gli umili, i puri di cuore, quasi naturalmente aperti al suo messaggio di novità e di amore che egli va proclamando. Oggi costatiamo un'eccezione: è un centurione, un pagano, a cercarlo. Viene ad implorare la guarigione non per se, non per un suo famigliare, ma per un suo servo, che giace paralizzato e soffre terribilmente. "Io verrò e lo curerò", dice il Signore. Venire per curare anime e corpi è la sua missione e non si sottrae al suo compito. Egli si compiace della fede di quel pagano che non si ritiene degno di accogliere il Signore sotto il suo tetto, convinto che una sua parola è già sufficiente per ottenere quanto desidera. Gesù vede con gioia che il suo annuncio sta gia valicando e valicherà i confini del popolo d'Israele per spaziare ovunque troverà accoglienza nella semplicità e nella purezza del cuore. "Và, poi dice al centurione, sia fatto secondo la tua fede". Davvero il Signore Gesù è venuto a colmare ogni distanza; Egli non è legato al tempo e allo spazio perché "Egli comanda e tutto è fatto", ha in se tutta la potenza di Dio. L'unica condizione siamo noi a porla e riguarda appunto la nostra fede. Altra certezza c'infonde l'istantanea guarigione della suocera di Pietro: questa volta egli tocca la mano dell'inferma e subito la febbre scompare ed è pronta a servire il Signore. Egli ancora ci tocca per guarirci, ancora viene a noi e prende dimora dentro di noi per inabitare nei nostri cuori. Ci tocca nella realtà e nel mistero della santa Eucaristia che prendiamo nelle nostre mani per poi fonderci con Lui nell'intimità della perfetta comunione. Egli viene e ci tocca nell'intimo per prendere le nostre infermità e addossarsi le nostre malattie, quelle personali e quelle più profonde della nostra umanità. È importante, decisivo lasciarsi toccare!
Il Padre Titeos disse: "Dominare la propria lingua: ecco la vera virtù".
I FRATELLI SI OBBEDISCANO A VICENDA Se poi un fratello, per qualsiasi anche minima ragione e in qualunque modo viene ripreso dall'abate o da un altro superiore, o se si accorge che l'animo del superiore è leggermente, per quanto poco, irritato o turbato contro di lui, subito, senza indugio, si getti ai suoi piedi e rimanga lì a dare soddisfazione, finché quegli con la sua benedizione non mostri che la sua alterazione è passata. Chi rifiuta per disprezzo di compiere tale gesto, sia sottoposto al castigo corporale; se poi rimane ostinato nel suo atteggiamento, sia cacciato dal monastero.