Gli storici sono d'accordo nel datare la sua nascita attorno al 528. A 15 anni entra nel monastero di Cluan, nell'Ulster; poi passa nel celebre monastero di Bangor, sotto la direzione di un santo, l'abate Comgall. Colombano diventa capo di un gruppo di dodici monaci che passano il mare per giungere sul continente. Colombano e i suoi confratelli depongono il sacco da viaggio in Bretagna. Dopo avere fondato tanti monasteri, muore nel 615.
San Colombano, abate, che di origine irlandese, fattosi pellegrino per Cristo per istruire nel Vangelo le genti della Francia, fondò insieme a molti altri monasteri quello di Luxeuil, che egli stesso governò in una stretta osservanza della regola; costretto all'esilio, attraversò le Alpi e fondò in Emilia il monastero di Bobbio, celebre per la disciplina e gli studi, dove, benemerito della Chiesa, morì in pace e il suo corpo fu deposto in questo giorno.
Dalle "Istruzioni" di san Colombano, abate
Mosé ha scritto nella legge: Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza (cfr. Gn 1, 27. 26). Considerate, vi prego, la grandezza di questa espressione Dio onnipotente, invisibile, incomprensibile, ineffabile, inestimabile, plasmò l'uomo dal fango della terra e lo nobilitò con la dignità della sua immagine. Che cosa vi può essere di comune tra l'uomo e Dio, tra il fango e lo spirito? "Dio", infatti, "é spirito" (Gv 4, 24). Quale grande degnazione é stata questa, che Dio abbia dato all'uomo l'immagine della sua eternità e la somiglianza del suo divino operare! Grande dignità deriva dall'uomo da questa somiglianza con Dio, purché sappia conservarla. Gravissimo titolo di condanna é invece per lui la profanazione di quella immagine. Se l'uomo userà rettamente di quella facoltà che Dio ha concesso alla sua anima, allora sarà simile a Dio. Ricordiamoci che gli dobbiamo restituire tutti quei doni che egli ha depositato in noi quando eravamo nella condizione originaria. Ce ne ha insegnato il modo con i suoi comandamenti.
Il primo di essi é quello di amare il Signore nostro con tutto il cuore, perché egli per primo ci ha amati, fin dall'inizio dei tempi, prima ancora che noi venissimo alla luce di questo mondo. L'amore di Dio é la rinnovazione della sua immagine. Ama veramente Dio chi osserva i suoi comandamenti, poiché egli ha detto: "Se mi amate, osserverete i miei comandamenti" (Gv 14, 15). Il suo comandamento é l'amore reciproco. Così é stato detto: "Quetso é il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati" (Gv 15, 12). Il vero amore però non si dimostra con le sole parole "ma coi fatti e nella verità" (1 Gv 3, 18). Dobbiamo quindi restituire al Dio e Padre nostro la sua immagine non deformata, ma conservata integra mediante la santità della vita, perché egli é santo.
Per questo é stato detto: "Siate santi, perché o sono santo" (Lv 11, 44). Dobbiamo restituirgliela nella carità, perché egli é carità, secondo quanto dice Giovanni: "Dio é carità" (1 Gv 4, 18). Dobbiamo restituirgliela nella bontà e nella verità, perché egli é buono e verace. Non siamo dunque pittori di una immagine diversa da questa. Dipinge in sé l'immagine di un tiranno chi é violento, facile all'ira e superbo. Perché non avvenga che dipingiamo nel nostro animo immagini tiranniche, intervenga Cristo stesso e tracci nel nostro spirito i lineamenti precisi di Dio. Lo faccia proprio trasfondendo in noi la sua pace, lui che ha detto: "Vi lascio la mia pace, vi do la mia pade" (Gv 14, 27). Che cosa tuttavia ci servirebbe sapere che la pace é in sé buona, se poi non fossimo capaci di conservarla? In genere le cose migliori sono anche le più fragili. Le cose più preziose poi esigono la vigilanza più cauta e diligente. E' troppo fragile quello che si spezza con una sola parola o che va in rovina per la più piccola offesa al fratello. Nulla piace tanto agli uomini quanto parlare delle cose altrui, darsi pensiero degli affari degli altri e passare il tempo in inutili conversazioni, mormorando degli assenti.
Tacciano quelli che non possono dire: "Il Signore mi ha dato una lingua da iniziati, perché io sappia indirizzare allo sfiduciato una parola" (Is 50, 4) e, se dicono qualcosa, sia una parola di pace. (Istr. 11, 1-2; Opera, Dublino 1957, 106-107)
Colombano (Irlanda, 543 ca. - Bobbio, Piacenza, 23 novembre 615), monaco a Bangor (Irlanda del Nord ), verso i cinquant’anni, con alcuni compagni, lasciò la sua terra per peregrinare in Europa. Era, questa, originariamente, una pratica penitenziale che costituì di fatto uno dei canali dell’evangelizzazione del continente. Passò attraverso territori oggi appartenenti a Francia, Svizzera e Italia settentrionale, fondando vari monasteri, tra i quali Luxeuil (Francia) e Bobbio, celebri per i libri liturgici ai quali hanno dato il nome. La regola monastica scritta da Colombano è improntata a grande rigore ascetico. La prassi penitenziale monastica irlandese – con la confessione individuale e l’uso di «tariffari» per le diverse colpe – ebbe notevole influenza sulla disciplina della Riconciliazione sacramentale in Occidente. Colombano è ricordato nel Martirologio geronimiano.
Dal Comune dei pastori: per i missionari, o dal Comune dei santi: per un abate.
O Dio, che in san Colombano hai congiunto in modo mirabile l’annuncio del Vangelo e l’amore per la vita monastica, concedi anche a noi, per sua intercessione e con il suo esempio, di cercare te sopra ogni cosa e di lavorare assiduamente per accrescere il popolo dei credenti. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.