Vissuto tra il 283 e il 371. Nativo della Sardegna, entrò fra il clero di Roma e nel 340 divenne vescovo di Vercelli in Piemonte. Combatté l'arianesimo con tutto il l'ardore del del suo temperamento sardo, e fu esiliato in Oriente insieme a Dionigi di Milano e Lucifero di Cagliari. Prima di tornare in Italia, sotto Giuliano, andò ad Alessandria per far visita ad Atanasio; sa Girolamo scrisse : "al ritorno di Eusebio l'Italia smise il lutto". Eusebio fu il primo vescovo che visse con il proprio clero sotto una regola, esempio che fu seguito da sant'Agostino; morì tranquillamente a Vercelli il 1 agosto 371, benché a volte sia stato chiamato martire per le sofferenze che dovette sopportare.
Sant'Eusebio, primo vescovo di Vercelli, che consolidò la Chiesa in tutta la regione subalpina e per aver confessato la fede di Nicea fu relegato dall'imperatore Costanzo a Scitopoli e poi in Cappadocia e nella Tebaide. Ritornato otto anni più tardi nella sua sede, si adoperò strenuamente per ristabilire la fede contro l'eresia ariana.
Dalle "Lettere" di sant'Eusebio di Vercelli, vescovo.
Ho saputo che voi, fratelli carissimi, state tutti bene, come io desideravo. Quanto a me, mi sono sentito in mezzo a voi, quasi trasportato all'improvviso da lontanissima distanza, coma Abacuc che dall'angelo fu portato a Daniele, nel ricevere le vostre lettere e nel leggere, nei vostri scritti, i buoni sentimenti e l'amore che nutrite per me.
Le lagrime si mescolano alla mia gioia: il vivo desiderio di leggere era impedito dal pianto.
Vivendo per alcuni giorni questi santi affetti, mi sembrava di essere con voi e riuscivo a dimenticare le fatiche passate. Mi sentivo come investito da ogni parte di ricordi consolanti che mi facevano rivivere la vostra fede, il vostro affetto, i frutti della vostra carità. Immerso in tanti ricordi così vivi e confortanti, quasi d'improvviso, come vi ho detto, mi pareva di non essere più in esilio, ma di trovarmi in mezzo a voi.
Mi compiaccio perciò, o fratelli, della vostra fede e mi rallegro della salvezza che in voi ha prodotto la fede. Godo dei frutti da voi prodotti, che dispensate ai vicini e ai lontani. Siete davvero come un albero sapientemente innestato che, proprio a causa della sua produttività, sfugge alla scure e al rogo. Anche noi vogliamo innestarci in certo qual modo a voi, non solo con un semplice servizio ordinario, ma con l'offrire la nostra vita stessa per la vostra salvezza. Sappiate che a mala pena ho potuto scrivervi questa lettera, pregando continuamente Dio di trattenere i miei custodi e di concedere al nostro diacono di poter portare a voi piuttosto i nostri saluti, che le notizie delle nostre tribolazioni.
Vi scongiuro pertanto insistentemente di custodire con ogni cura la vostra fede, di mantenervi concordi, di essere assidui nell'orazione, di ricordarvi sempre di noi, perché il Signore si degni di dare libertà alla sua Chiesa, ora oppressa su tutta la terra, e perché noi, che siamo perseguitati, possiamo riacquistare la libertà e rallegrarci con voi.
Supplico ancora ciascuno di voi, per la misericordia di Dio, di gradire il saluto che gli rivolgo in questa lettera perché questa volta, per necessità, non mi è consentito di scrivere a ciascuno secondo il mio solito. Con questa mia mi rivolgo a tutti voi, miei fratelli e sante sorelle, figli e figlie, fedeli dei due sessi e di ogni età, perché vogliate accontentarvi di questo semplice saluto e porgere i nostri ossequi anche a quelli che sono fuori della Chiesa, ma si degnano di nutrire per noi sentimenti di amore.
Eusebio (Sardegna, inizio sec. IV - Vercelli, 371 ca.), vescovo di Vercelli, intraprese una tenace opera di evangelizzazione in quella Chiesa, allora molto estesa. Essendosi apertamente opposto all’imperatore, favorevole all’arianesimo, subì un lungo esilio. Secondo la testimonianza di sant’Ambrogio, diede forte impulso alla vita comune del clero. Il Martirologio geronimiano (sec.V-VI) lo ricorda il primo agosto.
Dal Comune dei pastori: per un vescovo.
Signore Dio, concedi a noi di imitare la fortezza del vescovo sant’Eusebio [di Vercelli] nel professare la divinità di Cristo, perché nella ferma adesione alla fede che egli insegnò siamo partecipi della vita del tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.