Toscano di nascita, Giovanni era succeduto a Papa Ormisda nel 523. Si recò a Costantinopoli presso l'imperatore Giustino come legato del re Teodorico. La memoria di s. Giovanni I è legata al dramma politico-religioso di questo re. Qualche studioso lo identifica con il Giovanni diacono autore di un Epistola ad Senarium, importante per la storia della liturgia battesimale, perché è forse l'unico documento ad attestare la tradizione della Chiesa romana di esigere e consacrare al sabato santo sette altari e di versare nel calice un miscuglio di latte e miele. Perseguitato da questo medesimo re ariano, fu incarcerato a Ravenna, ove ricevette la palma del martirio nel 526.
Il Martirologio Romano di lui scrive: A Ravenna il natale di san Giovanni I°, papa e martire; che, dall'Ariano Re d'Italia Teodorico fu colà chiamato con inganno, ed ivi, a lungo macerato da lui nel carcere per la fede ortodossa, finì di vivere. La sua festa poi si celebrava ai ventisette di questo mese, nel quale giorno, il suo sacro corpo, trasportato a Roma, fu sepolto nella Basilica di san Pietro, Principe degli Apostoli.
San Giovanni I, papa e martire, che, mandato dal re ariano Teodorico a Costantinopoli presso l'imperatore Giustino, fu il primo tra i Romani Pontefici a celebrare in quella Chiesa il sacrificio pasquale; tornato di lì, fu vergognosamente arrestato e gettato in carcere dal medesimo Teodorico, cadendo a Ravenna vittima per Cristo Signore.
Dalle «Lettere» di san Giovanni d'Avila, sacerdote
«Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio. Infatti, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione» (2 Cor 1, 3-5). Queste sono parole dell'apostolo san Paolo. Egli tre volte é stato battuto con verghe, cinque con una sferza, una volta fu lapidato, un'altra abbandonato come morto; soffrì persecuzioni da uomini di ogni specie, fu torturato con ogni sorta di sofferenze e fatiche, non una o due volte, ma, come egli stesso dice altrove: «Noi veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale» (2 Cor 4, 11).
E in tutte queste molestie non solo non mormora e non si lamenta di Dio, come fanno i deboli; non solo non si contrista come coloro che amano la gloria e i piaceri, né domanda a Dio di esserne liberato, come fanno gli insipienti che rifuggono dalle sofferenze, né le stima di poco conto, come coloro che non ne apprezzano il valore, ma, messa da parte ogni ignoranza e debolezza, benedice Dio proprio quand'é in mezzo alle pene, lo ringrazia come di un dono grande e si stima felice quando può patire qualcosa per l'onore di colui che soffre tante ed incredibili ignominie per liberare noi che, per il peccato, eravamo in esse implicati, e ci ornò ed abbellì del suo Spirito e dell'adozione dei figli di Dio. In se stesso e per se stesso ci diede un pegno e un segno della gioia celeste.
O miei carissimi fratelli, il Signore apra i vostri occhi perché possiate vedere quanta ricchezza ci dona in quelle cosa che il mondo disprezza! Di quanto onore siamo ricolmi nel disonore, quando cerchiamo la gloria di Dio! Quanta gloria ci é riservata nella presente afflizione! Quanto dolci, amorose e liete sono le braccia del buon Dio, aperte per accogliere i feriti nelle sue battaglie. Quelle braccia che senza dubbio ci stringono in un abbraccio più dolce del miele, tale da compensare tutte le amarezze che possono dare le pene di questo mondo. Se gusteremo di queste cose, desidereremo ardentemente un tale abbraccio. Chi infatti non desidera questa totalità di amore e di desiderio, se non colui che é ignaro di ogni desiderio?
Se dunque vi attirano quelle cose grandiose e le volete vedere e godere, sappiate che non c'é via migliore che il soffrire. Questa é la strada percorsa da Cristo e dai suoi. Egli chiama «stretta», ma conduce alla vita. Ed egli insegna che, se vogliamo giungere a lui, dobbiamo seguire la sua stessa via. Non é infatti conveniente che, mentre il Figlio di Dio procede per la via dell'infamia, i figli degli uomini cerchino la via degli onori, perché «un discepolo non é da più del maestro, né un servo da più del suo padrone» (Mt 10, 24).
Voglia Dio che l'anima nostra non trovi pace, né cerchi altro alimento in questo mondo se non nelle fatiche per la croce di Cristo.
Giovanni († Ravenna, 18 maggio 526), papa dal 523, fu costretto da Teodorico, re dei Goti, a svolgere un’ambasceria presso l’imperatore d’Oriente in favore degli ariani, molto numerosi tra le popolazioni germaniche. Accettò di sostenere solo in parte la causa di quella componente ereticale; subì, pertanto, la vendetta del re e fu rinchiuso in carcere, dove morì. Il suo corpo fu trasferito a Roma nella basilica vaticana, dove venne onorato come martire.
Dal Comune dei martiri: per un martire oppure, nel Tempo Pasquale o dal Comune dei pastori: per un papa.
O Dio, eterna ricompensa delle anime fedeli, che hai consacrato questo giorno con il martirio del papa san Giovanni I, esaudisci le preghiere del tuo popolo e concedi che, mentre onoriamo i suoi meriti, ne imitiamo la costanza nella fede. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.