E' nato nel 1542 in Castiglia, rimase presto orfano di padre per cui ancora bambino imparò a fare il tessitore per aiutare la madre. A quindici anni diventa servo tutto fare all'ospedale di Medina, mai rassegnato alla mediocrità a all'ignoranza, alla sera ascoltava le lezioni di un Gesuita. A ventuno anni entrò nei Carmelitani. I superiori lo inviarono nella prestigiosa università di Salamanca, si prepara al Sacerdozio pur mostrando una certa insoddisfazione per come veniva vissuta allora la regola del Carmelo, tanto che vorrebbe farsi certosino. In occasione della sua prima messa a Medina incontrò la grande Teresa D'Avila, che percepisce immediatamente il grande slancio di fervore che anima il Sacerdote novello e lo invita a riformare il suo Ordine. Collaborerà a lungo con Santa Teresa. Momenti difficili e prove di ogni genere attendono Giovanni: molti suoi confratelli non gradiscono il suo rigore e non accettano le sue riforme: viene percosso, umiliato, incarcerato a Toledo dove subisce maltrattamenti di ogni genere. Riesce a fuggire e trova rifugio tra le monache di quella città. Gode un periodo di relativa pace, occupa posti di responsabilità in diversi Carmelo riformati, ma poi ancora dure prove lo attendono da parte dei suoi nemici mai domi; essi ottengono da un Capitolo Generale che si celebra a Madrid nel 1591 che Giovanni sia esiliato, lo scopo e quello di farlo scomparire dalla scena del mondo religioso di allora; il Santo vivrà momenti terribili di quasi totale abbandono. Si spegnerà, ricco di virtù e di meriti il 14 Dicembre 1591.
Memoria di san Giovanni della Croce, sacerdote dell'Ordine dei Carmelitani e dottore della Chiesa, che, su invito di Teresa di Gesù, fu il primo tra i frati ad aggregarsi alla riforma dell'Ordine, da lui sostenuta tra innumerevoli fatiche, opere e aspre tribolazioni. Come attestano i suoi scritti, ascese attraverso la notte oscura dell'anima alla montagna di Dio, cercando una vita di interiore nascondimento in Cristo e lasciandosi ardere dalla fiamma dell'amore di Dio. A Ubeda in Spagna riposò, infine, nel Signore.
Dalla "Imitazione di Cristo"
Non fare gran caso se uno è per te o contro di te, ma preoccupati piuttosto che Dio sia con te in tutto quel che fai. Abbi buona coscienza e Dio saprà ben difenderti. Nessuna perversità umana potrà nuocere a colui che Dio vorrà aiutare. Se tu sai tacere e sopportare, sperimenterai senza dubbio l'aiuto del Signore. Egli conosce bene il tempo e il modo di liberarti, e perciò deve rassegnarti alla sua volontà. Spetta a Dio aiutare e liberare da ogni situazione difficile. Spesso giova assai, per meglio conservare l'umiltà, che gli altri conoscano i nostri difetti e li riprendano. Quando uno si umilia per i suoi difetti, placa facilmente gli altri e dà soddisfazione a coloro che gli sono ostili. Dio protegge e libera l'umile, lo ama e lo consola; egli si chiama verso l'umile, gli elargisce grazia abbondante e dopo l'umiliazione lo innalza alla gloria. Egli rivela all'umile i suoi segreti e dolcemente lo attrae e l'invita a sé. L'umile, quando ha ricevuta un'umiliazione, rimane bene in pace, perché sta fisso in Dio e non nel mondo. Non credere di aver fatto alcun progresso se non ti ritieni inferiore a tutti. Mantieni anzitutto in pace te stesso e così potrai pacificare gli altri. L'uomo operatore di pace giova più dell'uomo dotto. L'uomo passionale trae al male anche il bene e facilmente crede al male. L'uomo buono e sereno volge tutto a bene. Chi è veramente in pace non sospetta di nessuno; chi invece è malcontento e inquieto è agitato da molti sospetti: né lui è in pace, né lascia in pace gli altri. Spesso dice quel che non dovrebbe a omette quel che gli converrebbe fare. Egli bada a quel che gli altri devono fare e trascura invece quel ch'è suo dovere. Sii dunque zelante prima con te stesso e così potrai essere zelante anche con il tuo prossimo. Tu sai bene scusare e colorire le tue azioni, ma non vuoi accettare le scuse degli altri. Sarebbe più giusto che tu accusassi te stesso e scusassi il tuo fratello. Se vuoi essere sopportato, sopporta anche tu gli altri. (Lib. 2, capp. 2-3).