La Chiesa considera insieme oggi la Famiglia di Nazaret e la famiglia cristiana, come suo riflesso. Pur nella sua singolarità, la famiglia di Gesù si presenta come "un vero modello di vita", con le sue virtù e con il suo amore.
Festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, esempio santissimo per le famiglie cristiane che ne invocano il necessario aiuto.
Dai «Discorsi» di Paolo VI, papa
L'esempio di Nazaret
La casa di Nazaret è la scuola dove si è iniziati a comprendere la vita di Gesù, cioè la scuola del Vangelo. Qui si impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato così profondo e così misterioso di questa manifestazione del Figlio di Dio tanto semplice, umile e bella. Forse anche impariamo, quasi senza accorgercene, ad imitare. Qui impariamo il metodo che ci permetterà di conoscere chi è il Cristo. Qui scopriamo il bisogno di osservare il quadro del suo soggiorno in mezzo a noi: cioè i luoghi, i tempi, i costumi, il linguaggio, i sacri riti, tutto insomma ciò di cui Gesù si servì per manifestarsi al mondo. Qui tutto ha una voce, tutto ha un significato. Qui, a questa scuola, certo comprendiamo perché dobbiamo tenere una disciplina spirituale, se vogliamo seguire la dottrina del Vangelo e diventare discepoli del Cristo. Oh! come volentieri vorremmo ritornare fanciulli e metterci a questa umile e sublime scuola di Nazaret! Quanto ardentemente desidereremmo di ricominciare, vicino a Maria, ad apprendere la vera scienza della vita e la superiore sapienza delle verità divine! Ma noi non siamo che di passaggio e ci è necessario deporre il desiderio di continuare a conoscere, in questa casa, la mai compiuta formazione all'intelligenza del Vangelo. Tuttavia non lasceremo questo luogo senza aver raccolto, quasi furtivamente, alcuni brevi ammonimenti dalla casa di Nazaret. In primo luogo essa ci insegna il silenzio. Oh! se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile ed indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo. Oh! silenzio di Nazaret, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a ben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri. Insegnaci quanto importanti e necessari siano il lavoro di preparazione, lo studio, la meditazione, l'interiorità della vita, la preghiera, che Dio solo vede nel segreto. Qui comprendiamo il modo di vivere in famiglia. Nazaret ci ricordi cos'è la famiglia, cos'è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro ed inviolabile; ci faccia vedere com'è dolce ed insostituibile l'educazione in famiglia, ci insegni la sua funzione naturale nell'ordine sociale. Infine impariamo la lezione del lavoro. Oh! dimora di Nazaret, casa del Figlio del falegname! Qui soprattutto desideriamo comprendere e celebrare la legge, severa certo ma redentrice della fatica umana; qui nobilitare la dignità del lavoro in modo che sia sentita da tutti; ricordare sotto questo tetto che il lavoro non può essere fine a se stesso, ma che riceve la sua libertà ed eccellenza, non solamente da quello che si chiama valore economico, ma anche da ciò che lo volge al suo nobile fine; qui infine vogliamo salutare gli operai di tutto il mondo e mostrar loro il grande modello, il loro divino fratello, il profeta di tutte le giuste cause che li riguardano, cioè Cristo nostro Signore. (Discorso tenuto a Nazaret, 5 gennaio 1964)
Silvestro, vive nel periodo tra la fine delle ultime persecuzioni e l'inizio della pace costantiniana, ordinato vescovo di Roma nell'anno 314, resse la Chiesa sotto l'imperatore Costantino per vent'anni. Sotto il suo pontificato si celebrò il grande Concilio Ecumenico di Nicea nel 325, organizzo la vita ecclesiastica romana, e promosse la costruzione delle prime basiliche. Morì nel 335 e la sua deposizione e ricordata nella "Depositio Episcoporum", al 31 dicembre nel cimitero di Priscilla sulla via Salaria.
San Silvestro I, papa, che per molti anni resse con saggezza la Chiesa, nel tempo in cui l'imperatore Costantino costruì le venerande basiliche e il Concilio di Nicea acclamò Cristo Figlio di Dio. In questo giorno il suo corpo fu deposto a Roma nel cimitero di Priscilla.
Dalla «Storia Ecclesiastica» di Eusebio di Cesarea, vescovo
La pace costantiniana
Di tutto siano rese grazia a Dio onnipotente e re dell'universo e così pure sia grandissima riconoscenza al salvatore e redentore delle nostre anime Gesù Cristo, per mezzo del quale preghiamo che ci sia conservata una pace sicura e stabile, immune per sempre da tutte le molestie e turbamenti sia delle cose esterne, sia dell'anima... Ormai un giorno sereno e limpido, non più offuscato da nube alcuna, illuminava con lo splendore della luce celeste le chiese di Cristo diffuse su tutta la terra. Persino a coloro che erano estranei alla partecipazione della nostra religione era possibile, se non di godere della nostra medesima gioia, certamente di ricevere almeno una parte o quasi una emanazione di quei beni, che a noi erano procurati da Dio.
Soprattutto noi, che abbiamo posto ogni nostra speranza in Cristo, eravamo ripieni di una letizia incredibile e una specie di felicità divina brillava sul volto di tutti, al vedere come tutti i luoghi che la malvagità dei tiranni poco prima aveva buttato all'aria rivivevano adesso come da una lunga devastazione apportatrice di morte; di nuovo i templi si elevavano da terra a immensa altezza ed erano abbelliti da uno splendore di gran lunga superiore a quello di prima che fossero distrutti.
Si offriva infatti al nostro sguardo uno spettacolo da tutti auspicato e desiderato, e cioè nelle singole città vi erano solennità di dedicazioni e consacrazioni di luoghi di culto da poco eretti; inoltre riunioni di vescovi, accorrere di pellegrini da regioni lontane e straniere, un vicendevole amore e benevolenza tra popoli e popoli, unione in una sola armoniosa compagine delle membra del Corpo di Cristo. Così, secondo l'oracolo profetico con cui si prevedevano le cose a venire, con immagini misteriose l'osso si adattava all'osso, la giuntura alla giuntura (cfr. Ez 37, 7). Unica era la forza dello Spirito divino che circolava per tutte le membra; una l'anima di tutti, il medesimo ardore di fede, uno il canto di tutti coloro che inneggiavano a Dio. Perfettissime poi erano le cerimonie dei vescovi, ben curati i sacrifici dei sacerdoti, maestosi e in certo qual modo divini i riti della Chiesa, da una parte cantando i salmi ed ascoltando le rimanenti voci delle Scritture a noi divinamente affidate, dall'altra attendendo agli uffici divini e arcani. Venivano anche consegnati i mistici simboli della passione salvifica. Infine ogni età ed una moltitudine promiscua di ambo i sessi, attendendo di tutto cuore alle preghiere e ai ringraziamenti, veneravano con somma letizia di animo Dio autore di ogni bene.