Nacque intorno al 290 nell'alta Tebaide (Egitto). Soldato,si convertì intorno all'anno 313 e nel 316 si ritirò dal mondo come eremita nel deserto. Qui ebbe una visione nella quale ricevette l'incarico di costruire in quel luogo un monastero e di lasciare la vita eremitica per quella monastica di vita comunitaria. Nel 320 Pacomio fonda il monastero al quale da una regola che aiuta gli eremiti a vivere in comune. Diviene abate di quel monastero al quale si se ne aggiungono altri, e ciò anche dopo la sua morte avvenuta nel 346.
Nella Tebaide, in Egitto, san Pacomio, abate, che, ancora pagano, spinto da un gesto di carità cristiana nei confronti dei soldati suoi compagni con lui detenuti, si convertì al cristianesimo, ricevendo dall'anacoreta Palémone l'abito monastico; dopo sette anni, per divina ispirazione, istituì molti cenobi per accogliere fratelli e scrisse per i monaci una regola divenuta famosa.
Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa
Nel mondo, ma non del mondo
Vi vorrei esortare a lasciar tutto, ma non oso. Se dunque non potete lasciare tutte le cose del mondo, usate le cose di questo mondo in modo da non essere trattenuti nel mondo; in modo da possedere le cose terrene, non da esserne posseduti; in modo che quello che possedete rimanga sotto il dominio del vostro spirito e non diventi esso stesso schiavo delle sue cose, e non si faccia avvincere dall'amore delle realtà terrestri.
Dunque i beni temporali siano in nostro uso, i beni eterni siano nel nostro desiderio; i beni temporali servano per il viaggio, quelli eterni siano bramati per il giorno dell'arrivo. Tutto quello che si fa in questo mondo sia considerato come marginale. Gli occhi dello spirito siano rivolti in avanti, mentre fissano con tutto interesse le cose che raggiungeremo.
Siano estirpati fin dalle radici i vizi, non solo dalle nostre azioni, ma anche dai pensieri del cuore. Non ci trattengano dalla cena del Signore né i piaceri della carne, né le brame della cupidigia, né la fiamma dell'ambizione. Le stesse cose oneste che trattiamo nel mondo, tocchiamole appena, quasi di sfuggita, perché le cose terrene che ci attirano servano al nostro corpo in modo da non ostacolare assolutamente il cuore.
Non osiamo perciò, fratelli, dirvi di lasciare tutto; tuttavia, se volete, anche ritenendole tutte, le lascerete se tratterete le cose temporali in modo da tendere con tutta l'anima alle eterne. Usa infatti del mondo, ma é come se non ne usasse, colui che indirizza al servizio della sua vita anche le cose necessarie e tuttavia non permette che esse dominino il suo spirito, in modo che siano sottomesse al suo servizio e mai infrangano l'ardore dell'anima rivolta al cielo. Tutti coloro che si comportano così, hanno a disposizione ogni cosa terrena non per la cupidigia, ma per l'uso. Non vi sia niente dunque che freni il desiderio del vostro spirito, nessun diletto di nessuna cosa vi tenga avvinti a questo mondo.
Se si ama il bene, la mente tropi gioia nei beni più alti, quelli celesti. Se si teme il male, si abbiano davanti allo spirito i mali eterni, perché mentre il cuore vede che là si trova ciò che più si deve amare e più si deve temere, non si attacchi assolutamente a quanto si trova di qui.
Per far questo abbiamo come nostro aiuto il mediatore di Dio e degli uomini, per mezzo del quale otterremo prontamente ogni cosa, se ardiamo di vero amore per lui, che con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna Dio per tutti i secoli dei secoli. Amen.