Giubileo della Speranza Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
25 - 31 Maggio 2025
Tempo di Pasqua VI, Colore bianco
Lezionario: Ciclo C, Salterio: sett. 2

Commento alle Letture

Scarica versione .epub della Liturgia del Giorno

Martedì 27 maggio 2025

Ora vado...

Gesù parla della sua prossima ascensione al cielo, preannunciando così la festa della prossima Domenica, ma le sue parole risultano misteriose e incomprensibili agli apostoli. Sentire il Maestro dire: “Ora vado da colui che mi ha mandato” genera in loro paura e sconforto; quelle parole sembrano smentire e contraddire altre solenni promesse ascoltate da Gesù: “Non vi lascio soli!” Egli percepisce che la tristezza ha riempito il loro cuore, perché si sentono già soli e abbandonati. È difficile per noi comprendere che un distacco fisico e una lontananza incommensurabile non significhino abbandono e solitudine; anzi, Gesù ribadisce: “È bene che io me ne vada, perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore”. Ecco come si perpetua la sua presenza: sarà la forza dello Spirito Santo a “convincere” il mondo “quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio”. La presenza vivificante e illuminante dello Spirito ci consentirà di comprendere il peccato come tradimento dell’Amore, generato dall’incredulità; la giustizia come atteggiamento di docilità a Dio, per essere giusti al suo cospetto; e il giudizio come rinnovamento della storia nella sconfitta del male. Tutti noi sperimentiamo che quel Gesù, salito al Padre, è più che mai presente nella nostra storia e nella nostra vita.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Il Padre Daniele disse: "Quanto più fiorisce il corpo, tanto più si estenua l'anima, e quanto più si estenua il corpo tanto più fiorisce l'anima".


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

NORME PER L'ACCETTAZIONE DEI FRATELLI

Se possiede delle sostanze, o le distribuisca prima ai poveri, oppure le ceda al monastero con un atto pubblico di donazione, senza riservare per sé nulla di tutti i suoi beni, poiché sa che da quel giorno egli non potrà disporre nemmeno del proprio corpo. Subito dopo sia svestito dei propri abiti e rivestito con quelli del monastero. Tuttavia gli indumenti di cui è stato spogliato siano conservati nel guardaroba, perché se un domani, cedendo alle istigazioni del diavolo, egli dovesse - non sia mai! - uscire dal monastero, allora venga svestito degli abiti del monastero e mandato via. Però la sua carta di professione, che l'abate prese dall'altare, non gli si restituisca ma si conservi nel monastero.

Cap.58,24-29.