Gesù dona le sue Carni a tutti, a tutti le dona. In questa notte santa noi ricordiamo la Cena del Signore, che viene a darci Se stesso, Colui che, dinanzi al tradimento, alle sofferenze e alla morte, riscatta, rispondendo nell’amore. Amando, egli vince ogni male. Egli ricambia al disamore, dandoci l’Eucaristia; spezza le sue Carni sulla mensa e le spezza anche sulla Croce perché sia il nutrimento, il Pane divino che viene a trasformare il male dell’uomo nel suo bene. Cristo ci dona la sua Vita, ci dona l’Eucaristia. Ci fa dono del sacerdozio che perpetua la sua Carne per far sì che egli possa vivere in mezzo agli uomini nel trascorrere del tempo. Ci indica il mezzo per eccellenza per vivere bene l’Eucaristia, il sacerdozio e l’amore fraterno, che ci comanda di vivere fra noi: lo possiamo nell’umiltà e nel servizio. Lavando i piedi agli apostoli ce ne fa segno: «Se io, il vostro Maestro e Signore, faccio questo, quanto più voi dovete lavarvi i piedi gli uni agli altri.» Solo nell’umiltà c’è il servizio, solo nell’umiltà ci sono l’ascolto e l’adorazione, la profonda fusione nell’intimità del cuore, in un dialogo di confidenza con Dio nella Comunione. Se c’è questo aspetto vissuto, noi possiamo vivere bene il servizio tra i fratelli, sapremo veramente amare. Questa è la dimensione primaria e fondamentale. Nell’Eucaristia ricevuta noi veniamo poi nutriti ulteriormente all’umiltà, al servizio, all’amore, per farci, noi stessi, quel Pane Santo che si spezza, che spezza il proprio cuore, la sua vita, il suo tempo, la sua persona per essere eucaristia per gli altri. Questo vuol dire: «Fate questo in memoria di me!» Chi mangia di me vivrà di me!
Un fratello era assalito da molto tempo dal demone dell'impurità e malgrado molti sforzi non riusciva a sbarazzarsene. Una volta, mentre era alla Sinassi, si sentì come d'abitudine tormentato dalla passione; decise dunque di trionfare sulla macchinazione del demonio e di chiedere ai fratelli di pregare per lui affinché fosse liberato. E, sprezzando ogni vergogna, si mise nudo davanti a tutti i fratelli e mostrò l'azione di Satana: «Pregate per me, padri e fratelli miei», disse, «perché sono quattordici anni che sono così combattuto»; e subito il combattimento si allontanò da lui, grazie all'umiltà che aveva mostrato.
IN QUALI ORE I FRATELLI DEVONO PRENDERE I PASTI Dalla santa Pasqua fino a Pentecoste i fratelli pranzino a sesta e cenino la sera. Da Pentecoste poi per tutta l'estate, se i monaci non devono attendere ai lavori dei campi e se l'eccessivo calore estivo non lo impedisce, il mercoledì e il venerdì digiunino fino a nona; negli altri giorni pranzino a sesta. Ma se avessero lavori nei campi o la calura estiva fosse opprimente, si mantenga il pranzo a sesta anche in quei due giorni; e ciò sia rimesso al provvido giudizio dell'abate; egli appunto deve regolare e disporre le cose in modo che le anime si salvino e quello che i fratelli fanno, lo facciano senza alcun fondato motivo di mormorazione.