“Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Perché le loro acque sgorgano dal santuario. L’acqua, sia come realtà essenziale alla vita, sia come desiderio di pienezza, è talmente importante da essere ritenuto dono di Dio, elemento di purificazione. L’acqua assume il suo pieno significato con la persona di Gesù. Se l’acqua indica il desiderio struggente che nasce dal bisogno di vita, Gesù è venuto a portare le acque vivificanti promesse dai profeti. La sua vita è scandita dal simbolo dell’acqua. Inizia la vita pubblica facendosi battezzare per indicare che ha voluto immergersi nella nostra realtà; cambia l’acqua in vino perché nella sua persona si realizzano le promesse di Dio; nel dialogo con la samaritana si presenta come acqua viva di sorgente che disseta la sete per sempre; infine dal suo costato crocifisso sgorgherà acqua e sangue, segni del battesimo e dell’eucaristia. Nel vangelo odierno ritorna il tema dell’acqua. Gesù si trova nella piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. L’attenzione di Gesù è attratta da un paralitico che da ben trentotto anni giaceva lì in attesa di una improbabile guarigione. Gesù gli dice: «Vuoi guarire?». L’umile dichiarazione della personale impotenza “un altro scende prima di me”, muove l’onnipotenza divina: Gesù gli disse: «Alzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare. I segni e i miracoli dovrebbero essere alimento alla fede; i nemici del Signore, ciechi, invece ne traggono motivo di critica e di rimprovero; vigliaccamente se la prendono con il paralitico per colpire Gesù: «È un giorno di festa e non ti è lecito portare la tua barella». Nel tempio significativamente si conclude l’incontro «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio».
L’acqua che ci ha lavati nel Battesimo ora è irrorata dalla Riconciliazione.
Un anacoreta divenne vescovo. Pio e pacifico, non correggeva nessuno, sopportando con pazienza le colpe e i peccati di ciascuno. Ora, il suo economo non amministrava correttamente gli affari della Chiesa e alcuni vennero a dire al vescovo: «Perché non rimproveri questo economo così negligente?». Il vescovo differì il rimprovero. L'indomani gli accusatori dell'economo ritornarono dal vescovo, irritati contro di lui. Il vescovo, avvertito, si nascose in qualche parte e arrivando non lo trovarono. Lo cercarono a lungo, lo scoprirono alla fine e gli dissero: «Perché ti sei nascosto?». Egli rispose: «Perché ciò che sono riuscito ad ottenere in sessanta anni, a forza di pregare Dio, voi volete rubarmelo in due giorni».
QUALE DEVE ESSERE IL CELLERARIO DEL MONASTERO Se la comunità è numerosa gli si diano degli aiutanti, in modo che coadiuvato da loro possa adempiere l'ufficio assegnatogli senza perdere la pace dell'anima. Le cose da darsi e quelle da richiedersi si diano e si richiedano nelle ore stabilite, affinché nessuno si turbi o si rattristi nella casa di Dio.