Stiamo vicini a Gerusalemme. È l'occasione giusta per la parabola dei talenti. Un bell'insegnamento per noi; un invito per la nostra vita! Ma leggiamo con attenzione il brano evangelico, senza lasciarci sfuggire alcuni particolari importanti. È Gerusalemme, e il viaggio di Gesù si sta per concludere. Le indicazioni geografiche di San Luca ìndicano sempre un cammino che non è solo un itinerario ma un progetto. La vicenda storica di Gesù significata nella sua ascesa a Gerusalemme, è il compimento della missione affidatagli dal Padre, è la realizzazione delle promesse antiche è la possibilità di una nuova nascita che trova in Gerusalemme il nuovo punto d'irradiazione. Ancora i personaggi: il principale è l'uomo nobile che vuol diventare re e poi i nemici che accettano questa regalità. È un modo preciso per indicare la Passione di Cristo che passa attraverso anche l'incomprensione. La parabola dei talenti è una delle parabole del Regno, ma ne specifica la sua manifestazione nella regalità di Cristo; allora è ben comprensibile se la si rapporta proprio alla comprensione di cosa voglia dire la manifestazione completa del Regno nel Mistero Pasquale di Cristo. Il perno che ìndica questa svolta è proprio segnato dagli avvenimenti che stanno per succedere nella stessa Gerusalemme: la morte e resurrezione di Gesù Cristo nella manifestazione completa dell'opera di Dio; il Regno di Dio che prorompe definitivamente nella storia. I talenti allora sono la nostra opportunità per partecipare a questa manifestazione. Il Regno di Dio, entrato nella storia con il sacrificio di Cristo richiede la nostra volontà per renderlo manifesto; anche la scena dell'uccisione dei nemici rappresenta la vittoria definitiva del bene sul male. La parabola allora assume non solo un aspetto morale ma si innesta in un preciso progetto che chiama l'uomo a collaborare con Dio. I talenti sono i doni del Signore che non possono essere tenuti nascosti ma per fruttificare devono essere condivisi. La lampada che posta sul moggio dà luce, il sale dà sapore alle vivande; il pizzico di lievito fa crescere la massa sono altre forme che richiamano la stessa idea di manifestazione. Con i talenti Gesù ci invita a riflettere che tutto è dono di Dio. Dono gratuito di Dio.
A ciascuno il proprio tempo L'Abba Marco una volta disse all'Abba Arsenio: E' bene o non è bene avere nella tua cella qualcosa che ti dia piacere? Per esempio una volta venni a sapere che un confratello aveva un piccolo fiore selvatico nella sua cella e lo strappò alla radice. L'Abba Arsenio disse: Bene, è giusto. Ma ogni uomo dovrebbe agire secondo il proprio percorso spirituale. E se uno non riuscisse a stare senza quel fiore, dovrebbe ripiantarlo.
NORME PER L'ACCETTAZIONE DEI FRATELLI Quando un nuovo venuto chiede di abbracciare la vita monastica, non gli si conceda tanto facilmente di entrare; ma, come dice l'apostolo: «Provate gli spiriti per vedere se provengono veramente da Dio» (1 Gv 4,1). Se il nuovo venuto dunque insiste nel bussare e si vede che sopporta con pazienza le umiliazioni che riceve e la difficoltà dell'ingresso per quattro o cinque giorni e ciò nonostante persiste nella sua domanda, gli si conceda di entrare e lo si ospiti in foresteria per qualche giorno. Poi egli dimori nei locali del noviziato dove si eserciti, mangi e dorma. E sia incaricato per lui un anziano capace di guadagnare le anime, il quale lo esamini con molta attenzione e metta ogni cura nell'osservare se il novizio cerca veramente Dio, se è pronto all'Opus Dei, all'obbedienza, alle umiliazioni; gli si prospettino tutte le difficoltà e le asprezze attraverso le quali si va a Dio.