Il cammino della Quaresima è tutto una implorazione del perdono divino che trova nel sacrificio della croce, presente nell'eucaristia, la sua sorgente. Oggi la liturgia ci ricorda che due sono le vie e che noi dobbiamo scegliere quella buona. Il Signore ci offre la via buona e ci mette in guardia contro l'illusione che ci farebbe scegliere la via facile con i "vantaggio immediati". Nella prima lettura del libro del Deuteronomio troviamo l'affetto paterno del Padre, che si esprime con il rispetto e col desiderio del nostro bene. Il Signore Dio ha un grande rispetto della nostra libertà, non ci obbliga, ma ci propone: "Vedi, io pongo davanti a te la vita e il bene, la morte e il male". La vita consiste nell'amare il Signore con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutto il cuore, cioè di osservare i suoi comandamenti, di essere docili alla sua parola. Il male, al contrario, consiste nel seguire la propria volontà, gli istinti del cuore, agendo secondo i propri capricci... è una via, certo, ma conduce alla perdizione. Dio però ha un grande desiderio del nostro bene e quindi quasi ci supplica di "scegliere la Vita, amando il Signore tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenèndoti unito a lui, poiché è lui la nostra vita". Nel Vangelo Gesù ci ribadisce la stessa scelta; la salvezza immediata, che conduce a perdere la vita; o la rinuncia a se stessi, che conduce a perdere la vera salvezza. "Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà" e "chi perderà la propria vita per me, la salverà". Per "me" è Cristo la vera garanzia della nostra scelta. Chi sceglie Cristo realizza la propria vita cristiana, accettando serenamente la propria croce, sia nella gioia, sia nel dolore. Cristo è il vero amico e confidente, egli non delude mai. Non indurire allora il tuo cuore alla chiamata, alla voce di Cristo che ti parla, perché egli conosce la tua storia o il tuo problema e quindi prendi la tua croce. Fìdati di Lui.
Come pregare? «Alcuni chiesero al padre Macario: "Come dobbiamo pregare?". L'anziano rispose loro: "Non c'è bisogno di dire vane parole, ma di tendere le mani e dire: - Signore, come vuoi e come sai, abbi pietà di me. Quando sopraggiunge una tentazione, basta dire: - Signore, aiutami!. Poiché egli sa cosa è bene per noi e ci fa misericordia".
L'UMILTÀ Il dodicesimo gradino dell'umiltà si sale quando il monaco non solo è umile nel suo cuore, ma anche nell'atteggiamento esteriore dà sempre prova di umiltà a chi lo osserva; e cioè: durante l'Ufficio divino, in chiesa, all'interno del monastero, nell'orto, per via, nei campi, dappertutto insomma, stando seduto o camminando o in piedi, tiene sempre il capo chino e lo sguardo fisso a terra; ritenendosi sempre colpevole per i suoi peccati e i suoi vizi e vedendosi già comparire di fronte al tremendo giudizio di Dio; e ripete continuamente in cuor suo ciò che, con gli occhi fissi a terra, diceva il pubblicano del vangelo: «Signore, non sono degno io peccatore di alzare gli occhi al cielo» (cf. Lc 18,13); e ancora col profeta: «Mi sono curvato e umiliato fino all'estremo» (Sal 37,9 Volg.).