La liturgia odierna ci propone di festeggiare la manifestazione del Signore cioè l’Epifania. Per riflettere meglio sull’Epifania il Vangelo di oggi è ricco di spunti, per esempio bisognerebbe avere anche gli occhi che sanno scrutare le stelle in certe notti per ammirare la grandezza di Dio. Ci farebbe bene essere della razza dei cercatori di stelle, come questi Magi, simboli della ricerca ostinata di Dio. Infatti erano abitati dal desiderio ostinato di trovare un bambino e guidati da una stella che ogni tanto appariva e scompariva. Avevano soprattutto una domanda, una sola, intorno alla quale tutto ruotava: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?”. Questa è stata anche la domanda di ciascuno di noi, quella che ci abita il cuore e orienta il nostro cammino. Siamo ricercatori di Dio anche se è Dio che per primo ci viene a cercare. Però, come riporta l’Evangelista Matteo con sottile ironico, Erode incoraggia, con malizia nel cuore i Magi a cercare il bambino: “Quando lo avrete trovato, fatemelo sapere perché anch’io venga ad adorarlo”. Ma i Magi, ispirati, dopo aver visto il bambino e sua madre là dove si era fermata la loro stella e dopo aver adorato il bambino con i loro doni, fecero un’altra strada, mandando in fumo il piano criminale di Erode che aveva paura di perdere il suo regno. I Magi che offrono oro, incenso e mirra, che disegnano l’identità di Gesù, ci consegnano anche questo, il verbo “offrire” con i suoi sinonimi buoni e felici: donare, regalare, condividere. Infatti c’è più gioia nel dare che nel ricevere. Restare con le mani vuote, preferendo il Signore dei doni ai doni del Signore, questo è il senso profondo del voto di povertà. Amen!
E abba ha detto: Saper parlare è un dono di molti. Saper tacere una saggezza di pochi. Saper ascoltare una generosità di pochissimi.
PROLOGO ALLA REGOLA DI SAN BENEDETTO Ma interroghiamo con il salmista il Signore chiedendogli: «Signore, chi abiterà nella tua tenda, chi dimorerà sul tuo santo monte?» (Sal 14,1). Dopo tale domanda, fratelli, ascoltiamo il Signore che ci risponde mentre ci indica la strada per arrivare alla stessa tenda, dicendo: «Colui che cammina senza colpa e agisce con giustizia; che pronunzia la verità nel suo cuore, che non dice calunnia con la lingua; che non fa danno al suo prossimo, che non lancia insulto al suo vicino (Sal 14,2-3); colui che, respingendo dagli occhi del proprio cuore, insieme con le sue suggestioni il maligno diavolo che lo tentava, lo riduce al nulla (Sal 14,4 Volg.) e i suggerimenti di lui, appena nati, li afferra e li spezza contro Cristo; coloro che, pieni del timore del Signore (Sal 14,4 Volg.), non si insuperbiscono per la loro buona osservanza, ma, convinti che le loro buone azioni non provengono da se stessi quanto piuttosto da Dio, glorificano il Signore che opera in loro, dicendogli col profeta: «Non a noi, Signore, non a noi ma al tuo nome da' gloria» (Sal 113B,1). Così pure l'apostolo Paolo non si attribuiva alcun merito della sua predicazione, affermando: «Per grazia di Dio sono quello che sono» (1 Cor 15,10); e ancora: «Chi si vanta, si vanti nel Signore» (2 Cor 10,17). Per questo anche il Signore proclama nell'Evangelo: «Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia: strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa ed essa non cadde perché era fondata sopra la roccia» (Mt 7,24-25).