Viene spontaneo, seguendo il dialogo di Gesù con Nicodemo, costatare come gli argomenti diventino sempre più profondi, sempre più coinvolgenti. Ascoltiamo le parole del Signore: «Chi viene dall'alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla della terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti». Egli aveva già detto al suo interlocutore che ciò che viene dalla carne è carne e ciò che viene dallo spirito è spirito. I limiti dell'uomo derivano dalla sua carnalità corrotta dal peccato e dalla sua spiritualità inquinata dalla concupiscenza ed è per questo che Gesù ci propone una rinascita ed un rinnovamento totale conformandoci alla sua immagine di Figlio di Dio. Il suo primato assoluto gli deriva dalla sua identità con il Padre, egli viene dall'alto, la sua natura divina e umana splende della stessa perfezione di Dio. La nostra invece viene dalla terra e con il peccato si e impiastrata di fango; quella primitiva somiglianza di cui egli ci aveva adornato, è stata deturpata dalla disobbedienza, che ha originato l'uscita dall'ambito del suo amore paterno. Sperimentiamo ogni giorno le tristi conseguenze di quel distacco e di quella morte: da celesti siamo diventati terrestri, legati cioè alle nostre cose, alla nostra terra, ai nostri affari, al nostro stupido orgoglio. Ne soffriamo tutto il peso, ma non siamo capaci di liberarci. Siamo anche consapevoli che spesso ciò che affàscina ci uccide, eppure restiamo invischiati dentro i nostri rovi spinosi e pungenti. Come vorremmo elevarci», salire qualche gradino verso l'alto, cominciare a parlare seriamente delle cose del cielo e guardarlo con fiducia come la nostra patria finale! È l'invito pasquale che Cristo sta rivolgendo a tutti noi. Ci chiede soltanto di rendere più viva ed operante la nostra fede.
La buona educazione non consiste nel non versare la salsa sulla tovaglia, ma nel mostrare di non accorgersi se un altro lo fa.
QUELLI CHE SBAGLIANO IN UNA QUALSIASI ALTRA COSA Se qualcuno, mentre compie un lavoro qualsiasi - in cucina, nella dispensa, nei vari servizi, nel mulino, nell'orto o nell'esercizio di qualche arte o in qualunque altro luogo - commette fallo, o rompe o perde qualche attrezzo, oppure manca in qualsiasi altra cosa ovunque si trovi, e non si presenta subito davanti all'abate e alla comunità per fare spontaneamente la soddisfazione e manifestare la sua mancanza, quando questa sarà riferita da altri, venga sottoposto a più severo castigo. Se però si tratta di un peccato nascosto nel segreto della coscienza, lo si manifesti soltanto all'abate o ai seniori spirituali, che sappiano curare le piaghe proprie e le altrui, senza svelarle e renderle di pubblico dominio.