"Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti e disse: «quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d'argento. Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnarlo". A dire vero la sofferenza di Gesù si aggrava quando sente dare un prezzo al suo amore. Quando cominciamo a misurare l'amore è segno che qualcosa non quadra più. Matteo nel raccontare la sua versione dei fatti ci ricorda che Giuda è uno dei Dodici quindi non uno qualsiasi. Chissà cosa aveva in mente l'economo della squadra travolto dalla propria tenebra? Forse capita anche noi di fare questo tipo di esperienza. Appunto ogni volta cominciamo, ad esempio, a calcolare quello che abbiamo fatto o meno per l'altro, misuriamo le cose, il tempo, cominciamo a dire "ma io ti ho fatto questo e tu non mi hai fatto quest'altro". Alla porta del triduo santo chiediamoci come è la qualità del nostro amore. "«Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà. Il Figlio dell'uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l'hai detto»". Vivere nell'ipocrisia, invece di amare con sincerità, ci fa vivere una vita da inferno, perché all'inferno ci si ritrova sempre per ragionamento e calcolo, ma l'amore è una eccedenza che va oltre i nostri ragionamenti e calcoli umani. Nel proverbio diciamo: chi trova un amico trova un tesoro. Infatti l'amico è una sicurezza, un punto di riferimento nella vita, quindi tradirlo è inaccettabile. E sempre brutto perderci e essere travolti dalla nostra parte oscura come lo è stato Giuda.
Disse un anziano: «Senza la sorveglianza delle labbra è impossibile all'uomo progredire anche in una sola virtù; poiché la prima delle virtù è la sorveglianza delle labbra».
LA MISURA DEL CIBO Per il pasto quotidiano - abbia esso luogo a sesta o a nona - noi pensiamo che siano sufficienti in tutte le stagioni due pietanze cotte, per riguardo alle infermità dell'uno o dell'altro dei fratelli; cosicché chi non può cibarsi di una, si nutra con l'altra. Quindi due pietanze cotte bastino a tutti; e se ci fosse la possibilità di avere frutta e legumi freschi, se ne aggiunga una terza. Di pane sarà sufficiente una libbra di buon peso al giorno, sia quando si fa un pasto solo sia quando si pranza e si cena. Che se si deve anche cenare, il cellerario metta da parte un terzo di quella libbra e lo passi a cena.