A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? Nel vangelo odierno emerge questa problematica che farà l’oggetto della nostra meditazione. Davvero il Regno di Dio è una parola enigmatica al punto che Gesù non ne dà una spiegazione chiara. Quando ne parla usa immagini, fa paragoni, similitudini. Prima di tutto bisogno precisare che il regno di Dio non è un luogo come pensiamo comunemente ma piuttosto uno stato di pienezza. E' Gesù stesso che dice che il regno di Dio è già in mezzo a noi. Ma in questo brano Gesù paragona il Regno di Dio come un seme gettato in terra. Il seminatore è Dio e il seme è la parola. Appunto, il punto focale di questa similitudine del seme, che cresce da sé, consiste nella certezza, che nonostante la quasi passività del seminatore, la mietitura ci sarà. Canta infatti il salmista nel salmo 126: chi semina nelle lacrime miete nella gioia. Nell’andare se ne va e piange, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con giubilo, portando i suoi covoni. Chiaramente la nostra semente è il bene che facciamo senza che nemmeno ce ne accorgiamo e i nostri covoni saranno la ricompensa escatologica. Infatti come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra… Chiediamoci cosa sta cambiando nella nostra vita grazie alla parola che ci feconda ogni giorno.
Chiese ad Evagrio: Che vita dobbo condurre? Rispose: Considera una giara di vino che per lungo tempo è rimasta a riposare, allo stesso posto, senza essere rimossa: che vino chiaro, decantato, profumato, essa prepara! Ma se è trasportata qua e là, prepara un vino torbido, denso, che ha il sapore della feccia. Paragona te stesso a questa giara, e fa una esperienza utile.
QUALI SONO GLI STRUMENTI DELLE BUONE OPERE Non essere superbo. Non dedito al vino. Non mangione. Non dormiglione. Non pigro. Non ingiurioso. Non maldicente. Riporre in Dio la propria speranza. Quando si scorge in sé qualcosa di buono, lo si attribuisca a Dio e non a se stesso. Il male invece si sia convinti che è opera propria e lo si imputi a sé.