"Non c'è più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo" - ci dice San Paolo. Quello che non era possibile alla legge, causa del peccato e delle nostre stridenti contraddizioni, "Dio lo ha reso possibile mandando il proprio figlio", il quale ha preso la nostra carne di peccato e l'ha purificata con la sua carne, immolata sulla croce e resa cibo che rinnova e santifica la nostra. Siamo così deificati in Cristo e di conseguenza resi finalmente capaci di vivere non più secondo i desideri della carne, ma dello spirito: abbiamo così ripreso fiato, abbiamo ripreso quell'alito divino che sin dalle origini ci qualificava come figli di Dio, fatti a sua immagine e somiglianza. Nella prospettiva della fede non è più possibile interpretare gli eventi umani, anche quelli più catastrofici come castigo divino, ma solo come mònito alla nostra negligenza e sollecitazione paterna ad una vera ed efficace conversione. La nostra vita, resa feconda da Cristo stesso, deve produrre frutti di vita e di santità. Dio è un agricoltore paziente, ma non può soprassedere all'infinito, noi siamo indissolubilmente legati al tempo che ci è dato per aderire a Dio e conseguire la salvezza.
Abba Pambo chiese ad Abba Antonio: "Cosa dovrei fare?". L'anziano gli rispose: "Non confidare nella tua giustizia e non preoccuparti del passato, ma controlla la tua lingua e il tuo stomaco".
QUELLI CHE GIUNGONO TARDI ALL'UFFICIO DIVINO O ALLA MENSA Alla mensa poi chi non arriverà prima del versetto, in modo che tutti insieme dicano il versetto e preghino e tutti insieme poi si siedano a tavola, chi dunque non giungerà per negligenza o per cattiva abitudine, sia ripreso fino alla seconda volta. Se ancora non si emenderà, non lo si ammetta a partecipare alla mensa comune, ma, separato dalla compagnia dei fratelli, mangi da solo, privato anche della razione di vino, finché non abbia dato soddisfazione e non si sia corretto. Alla stessa pena sia sottoposto chi non sarà presente al versetto che si dice dopo il pasto.