La domanda è: il mondo mondano e le sue attrattive (l'antica mammona del vangelo odierno) o Dio? E' l'esigenza di una scelta radicale, che sgorga dalla coerenza e dalla fede che il cristiano vuole professare e vivere. «Non potete servire a Dio e alla ricchezza». Tante volte ci sono nella nostra vita compromessi irrealizzabili, anche se spesso siamo tentati di attuarli. Certamente il Signore non disconosce l'importanza del nutrimento, del vestire e di quanto serve alla vita di ogni giorno. Vuole farci comprendere però che non è questo che dà il vero senso alla vita e vuole metterci in guardia da quegli eccessivi affanni che inutilmente ci affliggono e da quell'attaccamento alle cose che ci procura solo amare delusioni. Vuole far rinascere in noi la fede nel Dio pròvvido, che ai nostri giorni sembra quasi scomparsa. Sollecitandoci alla preghiera ci ricorda Gesù che il nostro Padre celeste sa di che cosa abbiamo bisogno, e prima ancora che glie lo chiediamo. Ci sollecita perciò a guardare con intelligenza spirituale gli uccelli del cielo, che non ammassano nei granai, pure sono nutriti dal Padre celeste e i gigli del campo che provvidenzialmente si adornano di tutta la loro splendida bellezza. La conclusione e di quelle che dovrebbero entrare pienamente nel programma di vita di ogni cristiano: «Cercate il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta». Capita invece che proprio perché colpevolmente privi di beni spirituali, ci attacchiamo ai surrogati del mondo. Si tratta di spiritualizzare la nostra vita per imparare a cogliere i valori che davvero possono essere fonte della nostra gioia. Il Signore ce lo conceda.
Si lamentò il monaco Giovanni al padre spirituale: quando eravamo a Scete la nostra principale occupazione era quella dell'anima, mentre il lavoro manuale era un'occupazione secondaria. Ma ora il lavoro dell'anima e divenuto secondario e il lavoro secondario è divenuto il principale che oscura Dio.
IL PRIORE DEL MONASTERO Se il priore si mostra vizioso o, dominato dalla vanagloria, monta in superbia o disprezza apertamente la santa Regola, sia ammonito a parole fino alla quarta volta; se non si corregge, sia sottoposto alla punizione della disciplina regolare. Se neppure così si sarà corretto, allora sia tolto dall'ufficio di priore e al suo posto si metta un altro che ne sia degno. E se in seguito non starà quieto e obbediente in comunità, sia anche cacciato dal monastero. Però l'abate ricordi che di tutti i suoi giudizi dovrà rendere conto a Dio: non succeda che il fuoco dell'invidia o della gelosia gli bruci l'anima.