Ci affascina e ci coinvolge la figura di Zaccheo. Uomo ricco ma piccolo di statura. Con una carica ed un mestiere antipatici e capo dei pubblicani, ma alla ricerca del Cristo. Supera abilmente i suoi limiti di statura, staccandosi prima dalla folla e poi arrampicandosi su un albero frondoso, un sicomòro, da dove può vedere comodamente senza essere visto. Gesù con il suo sguardo penetrante, scruta anche le fronde di un albero, perché sotto quel fogliame c'è qualcuno che vuole vederlo e lo sta cercando. Non è difficile vedere il piccoletto trasalire di gioia, quando, dopo aver già soddisfatto il suo desiderio di vedere il Signore, lo vede accostarsi al suo albero e poi sentirsi dire: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Ancora una volta costatiamo che il Signore ci da molto di più di quanto osiamo sperare. Zaccheo deve solo scendere in fretta e non solo dall'albero; così troverà i motivi ancora insperati di una gioia completa. Sceso dall'albero ora si alza dinanzi al Signore: l'ex capo dei pubblicani deve fare la sua solenne confessione, del tutto incurante delle critiche dei presenti. «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto». La formula assolutoria di Cristo è semplice ed essenziale, come era stata l'umile confessione del penitente: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo; il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto». Un bell'esempio di conversione sincera, di confessione completa che ci fa pensare che anche il banchetto abbia assunto un valore sacro, quasi di una celebrazione. Gesù conclude la sua opera allargando a tutti la sua missione, particolarmente a tutti coloro che, come Zaccheo, prima lontani dal Signore, poi si pongono coraggiosamente alla sua ricerca. Gesù dice che il vero cercatore e salvatore è Lui perché egli è venuto e cercare e salvare ciò che era perduto.
Un giorno l'Abba Macario, passando di ritorno dalla palude nella sua cella, recava con sé dei rami di palma, ed ecco per la strada gli venne incontro il diavolo con una falce per la mietitura. Lo avrebbe voluto colpire con quella falce, ma non ci riuscì e gli disse: O Macario, da te subisco grande violenza, perché non posso avere la meglio su di te. Infatti qualsiasi cosa tu faccia, la faccio anch'io: digiuni e anch'io non mangio affatto, vegli e anch'io non dormo affatto. C'è una sola cosa in cui mi sei superiore; l'Abate Macario chiese: Quale? Il diavolo rispose: La tua umiltà, a causa della quale non riesco ad avere la meglio su di te.
VESTI E CALZATURE DEI FRATELLI Quando si ricevono indumenti nuovi si restituiscano sempre quelli usati, da conservare nel guardaroba per i poveri. Devono bastare infatti al monaco due cocolle e due tuniche, sia per avere il cambio la notte sia per poterle lavare; il di più è superfluo e deve essere tolto. Anche le calze e ogni altra cosa usata le restituiscano quando ne ricevono di nuove. Quelli che si mettono in viaggio prendano i femorali dal guardaroba e al ritorno li restituiscano lavati. E le cocolle e le tuniche per il viaggio siano un po' più buone di quelle che ordinariamente usano; le prendano dal guardaroba quando partono e ve le ripongano quando tornano.