La parabola riportata nella liturgia odierna chiarisce il pensiero di Gesù sull'amore al prossimo. Lo scriba aveva chiesto chi fosse il suo prossimo. Gesù risponde capovolgendo la questione. Non è quanto gli altri sono prossimi a noi il così detto prossimo, il vicino a vari titoli, ma quanto noi siamo prossimi, premurosi verso gli altri. In che modo lo siamo? Il racconto parabolico non presenta interesse, che lo sfortunato incappato nei briganti sia o no il nostro prossimo. La domanda di Gesù allo scriba è significativa: “Chi di questi tre ti sembra che sia stato il prossimo, l'interessato di colui che è incappato nei ladroni?” E' il samaritano, il nemico giurato dei Giudei, che si è dimostrato prossimo all'infortunato. E' la risposta a cui giunge lo scriba. Infatti un samaritano, passandogli accanto, lo vide e ne ebbe compassione. In questa piccola, ma rivoluzionaria frase è svelata con grandissima evidenza la qualità propria dello sguardo cristiano. E' la compassione che si prende cura di lui, lasciando per il momento i propri affari, il proprio viaggio. E' la compassione che tira fuori di tasca due denari e li da all'albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui, il resto te lo rifonderò al mio ritorno”. Sappiamo bene che il buon Samaritano è Gesù, quando venne e ci vide, ebbe tanta compassione di noi da condurre avanti il grande disegno del Padre suo che era proprio quello di dare la vita per i fratelli. Ora anche lo scriba, che chiedeva ambiguamente: “chi è il mio prossimo?” sa chi è, e Gesù lo conferma: “va' e anche tu fa' lo stesso”. E' la nostra missione...
Se fai il tuo lavoro manuale nella cella e viene l'ora della preghiera, non dire: «Finirò i miei ramoscelli e il piccolo cesto e dopo mi alzerò», ma alzati subito e rendi a Dio il debito della preghiera; diversamente prenderai a poco a poco l'abitudine di trascurare la tua preghiera e il tuo Uffizio e la tua anima diventerà deserta di ogni opera spirituale e corporale. Poiché è dall'alba che si mostra la tua volontà.
I FRATELLI INFERMI La cura degli infermi è da mettere prima di tutto e al di sopra di tutto, in modo che ad essi si serva davvero come a Cristo in persona, perché egli ha detto: «Ero malato e mi avete visitato» (Mt 25,36); e ancora: «Quel che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25,40). Gli infermi, da parte loro, devono essere consapevoli che sono serviti in onore di Dio e non affliggere con eccessive pretese i fratelli che li assistono; tuttavia essi devono essere in ogni caso sopportati con pazienza, perché attraverso di loro si acquista una maggiore ricompensa. L'abate pertanto abbia la massima premura che i malati non siano trascurati in nessun modo.