“Non è bene che l'uomo sia solo”. Così esordisce la prima lettura di questa domenica. L'uomo presentato nella sua solitudine e nella sua diversità dalle altre creatura, trova la comunione solo in un essere che gli è simile e, in questo ritrovarsi l'uno nell'altro reciprocamente, si rigenerano. Il matrimonio è un sacramento che affonda le sue radici nell'amore stesso di Dio. Essere coppia quindi non significa essere in due, ma essere una realtà nuova. Alla domanda dei farisei se “è lecito a un marito il ripudio della propria moglie”, Gesù rimanda a Mosè. Dunque la legge del divorzio esisteva, ma esisteva “per la durezza del vostro cuore”. Così dicendo, Gesù lega la legge più ad una condizione viziata dagli uomini che da Mosè. All'inizio non era così, afferma Gesù. “Dio li creò maschio e femmina per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola”. Li ha creati diversi, ma complementari, capaci di amare, incapaci di autosufficienza, con diritti e doveri uguali. Dio sogna per la prima coppia una unità assoluta, come nella comunione trinitaria. Quando all'orizzonte dell'uomo solitario - siamo sempre soli - apparve la donna, l'uomo si esprime in un grido di gioia: “Questa sì, è vita della mia vita”. Il disegno di Dio è volto a tirar fuori il meglio che c'è nell'uomo e nella donna. Egli desidera far sentire il suo amore per ciascuno di loro, affinché loro stessi riproducano reciprocamente quell'eterno amore di cui sono oggetto. Lo splendore della vocazione matrimoniale, come donazione d'amore, dovrebbe risanare le tante ferite inferte dalla debolezza e dalla fragilità della condizione umana. I veri vincoli che non si spezzano sono quelli che nascono dall'amore e nell'amore si diffondono. Il racconto evangelico prosegue presentando un incontro di Gesù con i bambini. All'atteggiamento insofferente e ostile dei discepoli, fa riscontro quello accogliente di Gesù, il quale riconferma che l'accoglienza del regno di Dio è riservata a loro.
L'abba Macario, interrogato su come si debba pregare, rispose: «Non è necessario parlare molto nella preghiera, ma stendiamo sovente le mani e diciamo: «Signore abbi pietà di noi, come tu vuoi e come tu sai". Quando la tua anima è in angustiata, di': «"Aiutami". E Dio ci farà misericordia, perché sa quello che a noi conviene».
I SETTIMANARI DI CUCINA I settimanari che finiscono e quelli che iniziano il turno, la domenica alla fine delle Lodi mattutine, si prostrino davanti a tutti chiedendo che si preghi per loro. Chi esce di settimana dica questo versetto: «Benedetto sii tu, Signore mio Dio» (Dn 3,52), «che mi hai soccorso e consolato» (Sal 85,17); e, dopo che è stato ripetuto tre volte e chi esce ha ricevuto la benedizione, subentra chi inizia la settimana e dica: «O Dio, vieni a salvarmi; Signore, vieni presto in mio aiuto» (Sal 69,2); e sia ripetuto anche questo tre volte da tutti ed egli, ricevuta la benedizione, entri in servizio.