È sorprendente leggere nel vangelo di oggi che Gesù dorme mentre si sta scatenando una violenta tempesta che scaglia onde minacciose sulla barca dei suoi discepoli. È ancora più sorprendente costatare nella storia e nella vita che lo stesso Signore appaia talvolta disinteressato e assente mentre vicende minacciose si abbattono sul mondo, sulla sua Chiesa e sulle singole persone. Quel sonno e quel distacco ha scandalizzato e scandalizza molti, ha generato e genera spesso crisi di fede, ha indotto molti a parlare del silenzio di Dio, dell'assenza di Dio dal nostro mondo. Qualcuno è giunto a parlare della «morte di Dio» e, sulla stessa scìa ha fortemente dubitato del suo amore per noi. Forse ci siamo dimenticati della causa della primordiale paura già percepita in modo intenso dai nostri progenitori, quando si sono ritrovati fuori del paradiso terrestre: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». È stato prima l'uomo a nascondersi a Dio, egli si è accecato nella presunzione di diventare come lui. Il rapporto uomo - Dio era basato sull'amore, dopo il peccato lo vediamo contrassegnato dalla paura e dalla nudità; il recupero avviene ora mediante la fede, che ci consente di vedere solo attraverso un velo. Quando manca la fede le burrasche assumono dimensioni distruttive. È quasi sempre l'uomo a scatenarle, ma non è capace di riconoscere le proprie responsabilità, apportare i necessari rimedi, anzi le attribuisce a Dio e osa incolparlo; emana condanne contro quel Dio che egli volutamente ignora. Non è quindi il silenzio o il disinteresse o ancor meno l'assenza o la morte di Dio la causa delle nostre disfatte, ma l'oscuramento dell'anima, il buio della fede che genera tempeste, violenze, sopraffazioni ed è ancora la stessa mancanza a scatenare la paura in coloro che le subiscono. È di qualche giorno fa l'ammonimento del Signore che ci ricordava di non aver paura di coloro che possono uccidere il corpo, ma piuttosto di coloro che possono distruggerci dentro creando l'inferno nella nostra vita. Ai nostri giorni malessere profondo e decantato progresso convivono assurdamente insieme e sono pochi coloro che con intelligenza e sapienza ne sanno scrutare difetti e valori. Il salmista così ci ammonisce: «Non vantàtevi». E agli empi: «Non alzate la testa!». Non alzate la testa contro il cielo, non dite insulti a Dio». Lo stesso Signore, dopo la sua passione e risurrezione così ci rassicura: «Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!».
«Abba - chiese un giorno un fratello al grande Antonio - perché, quando ti lodano, tu non rifiuti le lo-di? Rispose il padre dei monaci: Perché capita che rifiutiamo le lodi non per modestia, ma per essere lodati due volte...».
PROLOGO ALLA REGOLA DI SAN BENEDETTO Sorgiamo dunque una buona volta! È la Scrittura che ci scuote dicendo: «È ormai tempo di svegliarci dal sonno» (Rm 13,11); e, spalancati gli occhi alla luce divina e con gli orecchi attoniti per lo stupore, ascoltiamo di che ci ammonisca la voce di Dio che ogni giorno ci grida: «Oggi, se udirete la sua voce, non indurite il vostro cuore» (Sal 94,8); e ancora: «Chi ha orecchi per intendere, ascolti ciò che lo Spirito dice alla Chiesa» (Ap 2,7).E che cosa dice? «Venite, figli, ascoltatemi: vi insegnerò il timore del Signore (Sal 33,12). Correte mentre avete la luce, perché non vi sorprendano le tenebre della morte» (Gv 12,35).