Che dinanzi al discorso del Pane di vita entrassero in crisi i Giudei, dichiarati nemici di Cristo, potrebbe anche risultare comprensibile, anche se sempre colma di amarezza il rifiuto di un dono dato con immenso amore. Oggi Gesù sperimenta il mormorio esteriore ed interiore dei suoi discepoli: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Egli interviene ancora per cercare di illuminare le loro menti: «È lo Spirito che dá la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita». Non si tratta quindi di cannibalismi, ma di assumere, nel pane e nel vino, lo Spirito che dà vita, la divinità, l'amore, la santa energia che ci rigenera. Se si rimane ancorati alla fisicità della carne e del sangue e non si è capaci di trascendere con la luce della fede per vederne i valori eterni, l'eucaristia non può essere compresa. Nei segni sacramentali noi scorgiamo la pienezza dell'amore di Dio, che non è più solo dichiarato ed offerto con la verità delle sue parole, ma nella carne e nel sangue del figlio suo, immolato per noi e per tutti, per la remissione dei peccati. Soltanto l'esperienza ci può convincere della sublimità del dono e solo quando sentiamo realmente Cristo in noi diventiamo capaci di squarciare i veli del mistero eucaristico. Molti dei suoi discepoli però abbandonano Gesù: la sua dottrina non è più accessibile alle loro menti, la sua stessa credibilità viene messa in gioco. Rimangono i dodici, ma anche a loro il Signore, chi sa con quanta sofferenza, deve rivolgere un interrogativo: «Forse anche voi volete andarvene?». Queste parole, che risuonano come il flebile lamento dell'amore incompreso, denunciano tutti gli abbandoni e tutte le assenze che, nel corso dei secoli, i «suoi» avrebbero fatto nei confronti della sua mensa divina. È l'amara delusione dello sposo che non vede arrivare gli invitati al banchetto delle sue nozze, che non vede entrare nella sua Chiesa coloro che si professano cristiani; rimangono fuori, digiuni e affamati. È sicuramente consolante per Cristo la confessione di Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio»; in questo contesto però, e non a caso, Gesù ricorda agli apostoli il privilegio per essere stati scelti da lui, ma denuncia anche il tradimento di uno di loro. Potrebbe capitare, non sia mai, che il primo assente dalla mensa sia proprio il celebrante!
Fu domandato a un anziano: «Che cosa è l'umiltà?». Egli disse: «Che, se tuo fratello pecca contro di te, tu lo perdoni prima che egli ti testimoni il suo pentimento».
LA MISURA DEL BERE A dire il vero, leggiamo che il vino non è assolutamente fatto per i monaci; ma siccome i monaci dei nostri tempi non riescono a capire questo, almeno si stia attenti a non bere fino alla sazietà ma con moderazione, perché il vino fa traviare anche i saggi (Sir 19,2). Dove poi le condizioni del luogo sono tali da non poter assicurare nemmeno la quantità su indicata, ma molto di meno o addirittura niente, benedicano il Signore i monaci ivi residenti e non mormorino; e questo soprattutto ci teniamo a raccomandare: che si guardino da qualsiasi mormorazione.