È il giorno dopo la moltiplicazione dei pani. La folla si muove su delle barche alla ricerca di Gesù. Egli si è sottratto alla loro vista per evitare fùtili acclamazioni. I prodigi che egli compie non mirano a procurare un successo o ad attirare le folle al suo seguito, ma solo ed unicamente a generare in loro la fede nella sua persona, come Figlio di Dio e inviato del Padre. È lo stesso Gesù a denunciare esplicitamente i motivi impropri che hanno spinto quelle persone a cercarlo: «In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati». Viene messo in discussione alla radice l'orientamento della nostra fede: il Signore ci interpella sul perché cercarlo, su cosa ci dobbiamo attendere da Lui, qual è il modo corretto di rapportarci, su cosa e perché credere. È assai frequente una visione utilitaristica della fede; càpita a molti di pensare e credere che cercare Dio, possa significare garantirsi una specie di immunità totale da ogni pericolo e da ogni ostacolo e una garanzia piena di poter vedere appagato ogni nostro desiderio, anche quando questi sono orientati soltanto alle cose terrene e ai beni solo umani. La fede che egli vuole è ben diversa ed è egli stesso ad esplicitarla per noi: «Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». La prima illuminazione che il Signore vuole darci proviene da una valutazione sapiente dei beni a cui aneliamo: alcuni di essi periscono perché sono legati al tempo e alle necessità immediate della nostra vita: è il cibo che nutre il nostro corpo e lascia invariate le esigenze più profonde dello spirito. Il cibo che non perisce e dura per la vita eterna è essenzialmente la grazia di Dio, la consapevolezza di essere amati da Lui e noi di essere capaci di amarlo e di amare in Lui il nostro prossimo. Tutto ciò scaturisce dalla fede in Cristo, Figlio di Dio, e nel cibo di vita eterna che egli ci ha garantito nella sua eucaristia. Lì troviamo il vero nutrimento che non perisce. "Usiamolo, mangiamolo, nutriamoci di lui, perché chi ne mangia avrà la Vita, e la Vita eterna.
Alcuni fratelli vollero vedere l'abba Antonio. Salirono su una barca, e li trovarono un anziano che anche lui voleva andare da Antonio, ma i fratelli non ne sapevano niente. Seduti sulla barca conversavano sui detti dei padri, sulle Scritture e sui loro lavori manuali. L'anziano invece stava in silenzio. Giunti al porto, si accorsero che anche l'anziano andava dall'abate. Arrivati da Antonio, questi disse: «Avete trovato un buon compagno di strada in questo anziano!». E al vecchio: «E tu ti sei trovato con dei buoni fratelli, Padre!». L'anziano rispose: d'accordo, ma la loro casa non ha porte: entra chi vuole nella stalla e slega l'asino!». Parlava così perché i fratelli dicevano tutto quello che passava loro per la testa.
IL LETTORE DI SETTIMANA Alla mensa dei fratelli mentre mangiano non deve mai mancare la lettura; ma non sia uno a caso che prenda un libro e si metta a leggere, bensì vi sia un lettore stabilito per tutta la settimana, che entra in servizio la domenica. Egli, iniziando il turno di lettura, dopo la Messa e la comunione, si raccomandi alla preghiera di tutti, perché Dio tenga lontano da lui lo spirito di superbia. Il lettore intoni nell'oratorio questo versetto, che venga poi ripetuto da tutti per tre volte: «Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode» (Sal 50,17); e, ricevuta la benedizione, entri nell'ufficio di lettore.