Dovunque Gesù vada, gli si chiede una opera prodigiosa, subito si presenta qualcuno da guarire. Anche a Betsaida succede la stessa cosa: a Gesù è portato un cieco. Stavolta, però nel miracolo troviamo un diverso atteggiamento di Gesù. A Gesù è richiesta una dimostrazione pubblica. Gli è chiesto un miracolo perché, con la guarigione, possa dimostrare ancora una volta una presenza diversa. Il miracolo domandato in questo modo vuol chiedere a Gesù un significato, una indicazione preziosa per chi gli sta intorno. Gesù accoglie questo invito; stavolta però pensa soprattutto la richiesta della guarigione e la opera in un modo diverso da quanto sottinteso da tutti gli altri. Gesù guarda sempre e soprattutto alla persona e al suo bene spirituale e fisico; i suoi miracoli non si lasciano mai condurre ad una semplice manifestazione di grandiosità e prodigalità; hanno sempre in vista il bene ultimo dell'uomo. Stavolta, però Gesù vuol privilegiare il contatto personale e intimo con chi gli è portato davanti. La dinamica del miracolo significa un accompagnamento, una sensibilità, una premura ed una sollecitudine che mettono al primo posto proprio l'uomo. Gesù accompagna il cieco per mano; Gesù si dimostra interessato che la guarigione sia completa. Dalla descrizione del miracolo capiamo che il miracolato non è un cieco nato; cerca di distinguere le figure che all'inizio gli appaiono confuse ed indistinte; è diventato cieco, quindi ed ha bisogno dell'aiuto del Signore per vederci perfettamente. Gesù stesso non si accontenta che il cieco riveda con un barlume di vista; vuole che essa sia perfetta. Nel cieco ci rispecchiamo noi tutti quando chiediamo a Gesù che ci accompagni per le vie del mondo perché possiamo vedere tutto perfettamente alla luce della fede.
«Abba Poemen disse: "Conosco un fratello a Scete che per tre anni digiunò di due giorni in due giorni, tuttavia non riuscì a vincere. Quando però lasciò stare il digiuno per due giorni interi e cominciò a digiunare solo fino a sera, ma con discernimento, allora riuscì a vincere". Quindi mi disse abba Poemen: "Mangia senza mangiare, bevi senza bere, dormi senza dormire, agisci con te stesso con discernimento, e troverai riposo"».
L'UMILTÀ Il sesto gradino dell'umiltà si sale quando il monaco si accontenta delle cose più povere e spregevoli e in ogni incarico che gli viene affidato si considera un operaio cattivo e indegno, facendo proprie le parole del profeta: «Sono stato ridotto a nulla e sono diventato uno stolto; davanti a te stavo come una bestia: ma io sono sempre con te» (Sal 72,22-23a Volg.).