Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
31 Marzo - 06 Aprile 2013
Tempo di Pasqua I, Colore bianco
Lezionario: Ciclo C, Salterio: sett. 1

Commento alle Letture

Mercoledì 03 aprile 2013

Gesù risorto appare a due discepoli sulla via di Èmmaus.

E' uno dei racconti più belli quello che la liturgia di oggi ci presenta. L'evangelista Luca descrive il passaggio dalla tristezza degli sfiduciati alla gioia di chi ha trovato il Messia: quel passaggio, con la risurrezione del Signore, si compie non solo nei discepoli di Èmmaus, ma in tutti noi credenti. I due discepoli arrivano gradualmente a riconoscere Gesù, passando così dalla tristezza all'entusiasmo; lo riconoscono come profeta, potente nelle opere e nelle parole, davanti a Dio e a tutto il popolo. L'hanno sognato come colui “che avrebbe liberato Israele”. Ma si sono smarriti nella loro fede, a causa della croce. Un Salvatore crocifisso è per loro qualcosa di inconcepibile. Nel racconto di Luca si sente anche il clima delle riunioni fraterne, in cui i primi cristiani leggevano la Scrittura alla luce di Cristo risorto e poi “spezzavano il pane”, cioè celebravano l'eucaristia. I due discepoli sono guidati da Gesù a rileggere la Scrittura e a trovarvi che la passione sopportata dal Signore, per entrare nella gloria, non è stata un incidente imprevisto e contrario al disegno di Dio, ma ne è stata il compimento. Quindi fa capire loro il valore della sofferenza nel grande piano salvifico di Dio. La passione e la croce dell'Unto di Dio corrisponde al piano misterioso di Dio. Infine, osserviamo poi che Gesù è riconosciuto alla frazione del pane, all'eucaristia: là è avvertita la sua presenza reale e la sua compagnìa, e l'unione a Gesù fa battere il cuore. Senza Gesù, i cuori rimangono ghiacci e spenti. Andiamo a lui...


Apoftegmi - Detti dei Padri

L'abba Antonio predisse all'abba Amun: «Tu farai molti progressi nel timore di Dio». Poi lo condusse fuori dalla cella e gli mostrò una pietra: «Mettiti a ingiuriare questa pietra», gli disse, «e colpiscila senza smettere». Quando Amun ebbe terminato, sant'Antonio domandò se la pietra gli avesse risposto qualcosa. «No», disse Amun. «Ebbene! anche tu», aggiunse l'anziano, «devi raggiungere questa perfezione».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

SE I MONACI POSSONO AVERE ALCUNCHÉ DI PROPRIO

Nel monastero bisogna estirpare fin dalle radici soprattutto questo vizio: che nessuno ardisca dare o ricevere qualcosa senza il permesso dell'abate; né avere alcunché di proprio, nulla nel modo più assoluto: né libro, né tavolette, né stilo, proprio niente insomma; dal momento che ai monaci non è lecito disporre nemmeno del proprio corpo e della propria volontà. Tutto il necessario invece lo devono sperare dal padre del monastero; e non sia lecito avere alcuna cosa che l'abate non abbia data o permessa. Tutto sia comune a tutti - come sta scritto - e nessuno dica o ritenga qualcosa come sua proprietà (At 4,32). E se si scoprirà un fratello che asseconda questo pessimo vizio sia ripreso una prima e una seconda volta; se non si corregge, sia sottoposto alla disciplina regolare.

Cap.33,1-8.