I Farisei, al tempo di Gesù, erano campioni di ipocrisia. Si fermavano alle esigenze esteriori della legge e si sentivano appagati. Reclamavano i primi posti nelle sinagoghe e i saluti da parte di tutti nelle piazze. Gesù stigmatizza un tale comportamento e, con veemenza (guai a voi!) li paragona a sepolcri imbiancati, belli solo all'esterno, ma dentro pieni di putredine. Un dottore della legge, che si sente in dovere di intervenire a difesa dei Farisei e che si sente coinvolto in quell'acuto rimprovero e offeso dalle parole del Cristo si sente rispondere: «Guai a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini con pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate neanche con dito!» La categoria dei falsi e degli ipocriti si allarga, coinvolge anche i predicatori e i così detti maestri, che proclamano verità e impongono agli altri l'osservanza di leggi e di precetti, appesantiti dal loro falso zelo e vanificati poi dal pessimo esempio che offrono non osservandoli loro stessi per primi. È una genia di pseudo religiosi che trova ancora adepti anche tra noi: sono coloro che si ammantano di santità solo per scandire condanne e compiacersi di se stessi. Sono motivo di scandalo per i fedeli e li allontanano dalle vera fede.
Alcuni fratelli vollero vedere l'abba Antonio. Salirono su una barca, e li trovarono un anziano che anche lui voleva andare da Antonio, ma i fratelli non ne sapevano niente. Seduti sulla barca conversavano sui detti dei padri, sulle Scritture e sui loro lavori manuali. L'anziano invece stava in silenzio. Giunti al porto, si accorsero che anche l'anziano andava dall'abate. Arrivati da Antonio, questi disse: «Avete trovato un buon compagno di strada in questo anziano!». E al vecchio: «E tu ti sei trovato con dei buoni fratelli, Padre!». L'anziano rispose: d'accordo, ma la loro casa non ha porte: entra chi vuole nella stalla e slega l'asino!». Parlava così perché i fratelli dicevano tutto quello che passava loro per la testa.
IL LETTORE DI SETTIMANA Alla mensa dei fratelli mentre mangiano non deve mai mancare la lettura; ma non sia uno a caso che prenda un libro e si metta a leggere, bensì vi sia un lettore stabilito per tutta la settimana, che entra in servizio la domenica. Egli, iniziando il turno di lettura, dopo la Messa e la comunione, si raccomandi alla preghiera di tutti, perché Dio tenga lontano da lui lo spirito di superbia. Il lettore intoni nell'oratorio questo versetto, che venga poi ripetuto da tutti per tre volte: «Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode» (Sal 50,17); e, ricevuta la benedizione, entri nell'ufficio di lettore.