Mentre gli Apostoli pensano in cuor loro che ormai prossimo è il momento in cui Cristo instaurerà il Regno, scacciando e annientando gli oppressori, il Maestro annuncia invece la propria distruzione nella morte. Tremendo contrasto tra i disegni di Dio e quelli degli uomini! Tremenda delusione per gli apostoli che vedono così svanire i propri sogni e addirittura devono immergersi nel mistero della croce. Scandalo e delusione per tutti coloro che vivono la propria religiosità come una garanzia di immunità e di grandezza... Per tutti coloro che rifiutano la croce e non ne sanno scorgere l'immenso valore che lo stesso Iddio gli ha conferito. Per tutti coloro che leggono la storia solo con la logica umana e non sanno varcarne i limiti alla luce della fede. Motivo solo di tristezza e di sgomento per chi vede nella morte soltanto la fine della vita e il chiuso tetro di una tomba. Quel «il terzo giorno risorgerà» deve imprimersi come sigillo e garanzia di immortalità in ogni mente umana, deve diventare il motivo della vita e il conforto della morte attesa come gioioso passaggio verso il premio e l'eternità. In questa prospettiva assumono ben altro valore le leggi umane come il pagare le tasse per il tempio, anche se il Signore, che giustamente si professa «Figlio del Re», a scanso di false interpretazioni e facili accuse, assolve alla sua maniera al presunto debito. La moneta estratta dal ventre del pesce ci fa pensare alla incessante provvidenza divina che sgorga dal cuore stesso di Dio per i suoi figli. Ci fa pensare ancora a Gesù che non disdegna la sua condizione di uomo, che si assoggetta umilmente alle esigenze umane.
Un fratello ha detto ad un anziano: «Io non vedo lotte nel mio cuore». L'anziano gli rispose: «Tu sei un edificio aperto da tutti i lati. Chiunque entra da te e ne esce a proprio piacimento. E tu, tu non sai ciò che accade. Se tu avessi una porta, se tu la chiudessi ed impedissi ai cattivi pensieri di entrare, allora li vedresti fermi all'esterno e combattere contro di te».
L'OBBEDIENZA DEI DISCEPOLI E difatti parlare e insegnare è compito del maestro, tacere e ascoltare è dovere del discepolo. Quindi, se si deve chiedere qualcosa al superiore, lo si faccia con tutta umiltà e sommo rispetto, in modo da non parlare più di quanto sia conveniente. Quanto poi alle volgarità, alle parole inutili o alle buffonerie, le escludiamo nel modo più assoluto da tutto l'ambito del monastero e non permettiamo che il discepolo apra la bocca a tali discorsi.