Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
08 - 14 Maggio 2011
Tempo di Pasqua III, Colore bianco
Lezionario: Ciclo A, Salterio: sett. 3

Commento alle Letture

Martedì 10 maggio 2011

Il pane del cielo, quello vero...

I Giudei, seguono la loro logica, fondata più sulla ricerca di sicurezze che non sulla fiducia e la disponibilità sincera e aperta al dialogo. Cercano da Gesù la garanzia che non li esponga troppo al rischio; non sono disposti a lasciarsi illuminare, a confrontare le loro categorie, sperimentate e sicure, per un'affermazione personale, al fine di abbracciare la dimensione gratuita e liberante del dono di sé nella fede in Cristo. Chiedono un segno, ma il Signore li spinge ad entrare in una logica diversa, che trascende ed eleva la nostra capacità umana di comprensione. È la dimensione del mistero della fede che raggiunge il suo apice nell'Eucaristia, cioè nella donazione totale e oblativa di Cristo che nel suo sacrificio diventa per noi cibo di salvezza e di vita. È solo Lui il nostro vero nutrimento, il centro vitale della nostra vita, la nostra gioia e la nostra felicità. "Non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (At 4,12). Più ci addentriamo nel suo mistero, più siamo coinvolti nella sua corrente di amore per l'umanità, più sentiamo l'esigenza di nutrirci del suo Corpo e del suo Sangue perché in noi germogli sempre più la vita nuova, quella della grazia. La celebrazione dei sacramenti, e specialmente quello dell'Eucaristia ci unisce intimamente a Cristo in modo da sperimentare in Lui l'Amore personalissimo che si dona a noi e che desidera trasformarci in Sé. Comprendiamo allora che il credere non può fondarsi su opere miracolose o strabilianti che il Signore può comunque compiere, ma sulla scoperta di una Persona che ci ama intensamente e ha dato la sua stessa vita per noi, perché siamo salvi e felici per sempre insieme a Lui.


Apoftegmi - Detti dei Padri

L'Abba Pastor disse: Se una cassa piena di abiti viene abbandonata per lungo tempo, gli abiti contenuti in essa marciscono; così sono anche i pensieri nel nostro cuore. Se non li metteremo in atto concretamente, nel tempo si deformeranno e marciranno.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

L'ORATORIO DEL MONASTERO

L'oratorio deve essere ciò che il suo nome significa; null'altro perciò vi si faccia o vi si deponga. Terminato l'Ufficio divino, tutti escano nel più assoluto silenzio con gran rispetto a Dio; di modo che se un fratello volesse continuare a pregare da solo, non ne sia impedito dall'altrui importunità. Ma anche in altri momenti, se qualcuno desidera pregare in segreto da solo, entri semplicemente e preghi, non a voce alta ma con lacrime e fervore di cuore. Perciò, a chi non si comporta in questo modo non sia permesso rimanere nell'oratorio quando è terminato l'Ufficio divino, come abbiamo detto, perché gli altri non siano disturbati.

Cap.52,1-5.