Siamo alla conclusione dell'anno. Mio sembra quanto mai opportuna la riflessione sul cantico evangelico del vecchio Simeone che finalmente può stringere fra la sue braccia il Messia tanto atteso. Lo Spirito del Signore lo conduce al Tempio proprio mentre i genitori di Gesù, Giuseppe e Maria, vi portano il bambino per la circoncisione. E' il primo sangue che Gesù sparge per l'umanità senza che nessuno se ne accorga. Solo il vecchio Simeone, insieme con genitori, conosce il segreto di quel bambino, simile all'aspetto a tanti altri. Lo attendeva con ansia. Lo ha tenuto sulle braccia, ora può lasciare questo mondo perché ha contemplato il salvatore presente. Nel suo spirito profetico però, in mezzo alla gioia e all'esultanza, annunzia situazioni pesanti per il redentore, per gli uomini e per la madre. Diverrà segno di contraddizione per quanti chiudono il cuore al suo annunzio, si rifiuteranno di seguirlo nella via della salvezza, e in questo drammatico rifiuto non può non essere coinvolta nel dolore anche la madre, alla quale viene annunziato che una spada le trapasserà l'anima. Noi del XXI secolo, sappiamo bene come si siano avverate la sue parole. Il pericolo di rifiutare la salvezza incombe anche su di noi. Potremo evitare questo rischio, sempre presente, se sapremo accettare il progetto di Dio con umiltà e fede, come ci chiede San Giovanni nella prima lettura: Amare Dio non a parole ma colle opere e nella verità, illuminati dalla Parola di Dio. Sappiamo che segno del vero amore di Dio è l'amore verso il fratello. L'odio del fratello fa vivere nelle tenebre. Come è vera questa espressione! L'odio unito allo spirito di vendetta genera tristezza e amarezza fino a far perdere anche la luce non solo dell'anima, ma anche del corpo, che cade nelle tenebre mentali e fisiche. L'amore con il perdono è garanzia di pace e di tranquillità con se stessi, con Dio e con il prossimo e ci fa entrare nel piano di salvezza proclamata del vecchio Simeone.
Disse un anziano: "non chi denigra se stesso è umile, ma chi accetta con gioia insulti e ingiurie da parte del prossimo".
LO ZELO BUONO CHE I MONACI DEVONO AVERE Come c'è uno zelo amaro e maligno (cf. Gc 3,14) che separa da Dio e conduce all'inferno, così vi è uno zelo buono che separa dai vizi e conduce a Dio e alla vita eterna. Ed è appunto in questo zelo che i monaci devono esercitarsi con intensissimo amore; e cioè: si prevengano l'un l'altro nel rendersi onore (Rm 12,10); sopportino con somma pazienza le loro debolezze sia fisiche che morali; facciano a gara nell'obbedirsi a vicenda; nessuno ricerchi il proprio vantaggio ma piuttosto quello degli altri; coltivino l'uno per l'altro un casto amore fraterno; temano Dio nellamore;
amino il loro abate con sincera e umile carità; nulla assolutamente antepongano a Cristo, il quale ci conduca tutti insieme alla vita eterna. Amen.