Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)  
11 - 17 Luglio 2010
Tempo Ordinario XV, Colore verde
Lezionario: Ciclo C | Anno II, Salterio: sett. 3

Commento alle Letture

Domenica 11 luglio 2010

Chi è il mio prossimo.

Da un fatto di cronaca il Signore Gesù dà una risposta al dottore della legge indicando con chiarezza chi deve essere considerato "prossimo", che il comandamento ordina di amare come se stesso, anteponendo naturalmente l'amore verso Dio. Prossimo è chiunque ha bisogno del tuo aiuto senza badare a differenze razziali, di religione o di culture. Mentre nell'episodio viene riprovata la durezza di cuore dei due rappresentanti qualificati della religione giudaica, si loda l'opera di misericordia del samaritano che, pur sapendolo suo nemico, si lascia guidare dalla voce del cuore più che da pregiudizi e lo soccorre offrendogli tutto il suo aiuto. Egli si comporta come vorrebbe che altri si comportassero nei suoi riguardi se dovesse trovarsi in critiche situazioni. Fare agli altri quello che vorresti che venga fatto a te. Allargando l'orizzonte della nostra riflessione, nel piano della salvezza il "buon samaritano" è Gesù stesso che, lasciando la gloria di Dio, scende in mezzo a noi, ci risana dalle nostre ferite, si mette al nostro fianco, si fa nostro compagno di viaggio e ci affida alla Chiesa dove nella Parola e nei sacramenti potremo trovare tutti gli aiuti per guarire dalle ferite del peccato. Se la dimostrazione più grande dell'amore è dare la vita per l'amico, Paolo ci fa osservare che Gesù ha dato la vita quando noi eravamo peccatori. Qui si impone un esame circa le nostre relazioni con familiari, parenti, vicini, amici e nemici. Sono dettate da spirito di amore oppure da rifiuto o indifferenza? Se il Signore, immagine del Dio invisibile, come ricorda Paolo nel lettera ai Colossèsi, per mezzo del quale sono state create tutte le cose, mi ha amato fino a donare la sua vita per me, non mi è permesso comportarmi in disaccordo con il suo esempio e il suo insegnamento. La sua parola e il suo esempio non sono lontani da me, come osserva la prima lettura dal Deuteronomio, ma è vicina . Ne facciamo esperienza quotidiana perché egli rimane in mezzo a noi nei sacramenti, nella Parola di Dio e in particolare nell'Eucaristia, testimonianza viva della legge dell'amore gratuito, di donazione che tutto dà e nulla pretende. Preghiamo il Signore che ci faccia comprendere il precetto dell'amore, e ci dia la forza per metterlo in pratica subito, oggi, in famiglia, tra parenti, nelle realtà ecclesiali, nella associazioni e in particolare nei riguardi di chi, come il ferito ai bordi della strada, è diseredato e disprezzato da tutti. Sentiremo una voce confortevole che ci risuonerà all'orecchio: L'hai fatto a Me!


Nel nostro Ordine Benedettino: Formulario proprio.
Prov., 2,1-9; Ps. 33; Eph 4,1-6; Mt 19,27-29.

Messaggio di San Benedetto all'Europa e al mondo.

Benedetto ha i natali a Norcia, nell'Umbria, nel 480 e muore a Montecassino, nel 547. Giovane, intelligente e desideroso di apprendere, viene inviato dai genitori a Roma. Vi rimane poco tempo. Il malcostume della gioventù, dedita più al divertimento che ad apprendere, lo consiglia di lasciare la città per ritirarsi in Affìle accompagnato dalla sua nutrice. Qui la sua fama di giovane esemplare si diffonde tanto da sentirsi disturbato. Una voce lo invita a lasciare gli ammiratori e ritirarsi nelle grotte di Subiaco. Per tre anni rimane in questa solitudine, noto solo al monaco Romano che due volte la settimana gli fa avere il necessario in un cesto, calandolo dall'alto con una cordicella. Non mancano tentazioni e richiami del mondo che ha lasciato. Li supera con la penitenza e la mortificazione della carne fino a gettarsi nudo in mezzo alle spine. Dio lo toglie da questa solitudine mediante un prete di un paese vicino che il giorno di pasqua viene invitato da una voce misteriosa di recarsi da lui e consumare insieme il pasto pasquale. Ora Benedetto incomincia la sua vita anche di apostolato e a lui accorrono numerosi discepoli, tanto che può fondare ben dodici monasteri nella zona. Ma il demonio non dorme: l'invidia spinge un prete a tentare di avvelenarlo e di disturbare la pace dei suoi giovani monaci. Benedetto, riconoscendo anche in questa persecuzione la volontà del Signore, con animo sereno cede dinanzi alla cattiveria e si avvia con un gruppo di monaci in cerca di un'altra sede. La trova a Montecassino, dove completa la sua opera di fondatore e di maestro di conversione monastica con l'esempio della vita, con gli insegnamenti, riassunti nella Regola che sarà norma di vita per un numero incalcolabile di monaci. Qui anche finisce i suoi giorni nell'anno 547. Un uomo vissuto 1500 anni fa che cosa può dire al mondo moderno? Eppure il suo messaggio è sempre vivo e attuale. E' fondato sulle letture che ascoltiamo nel giorno della sua festa, oggi impedite dalla domenica. L'importanza dell'ascolto della Parola di Dio e la necessità di vivere uniti a Cristo per portare frutti di vita eterna. Egli inizia la sua regola con la parola: "Ascolta, figlio, gli insegnamenti del maestro e tendi l'orecchio del tuo cuore..." Ai monaci raccomanda più di una volta: "Nulla assolutamente anteporre all'amore di Cristo". Il monaco è colui che nella sequela di Cristo casto, povero o obbediente vuol vivere radicalmente il messaggio evangelico. La sua richiesta di far parte della comunità monastica è motivata solo dal desiderio della ricerca di Dio vivendo nella comunità con i fratelli. La giornata del monaco si alterna tra preghiera e lavoro, nello spirito di umiltà e nel completo rinnegamento della propri volontà. Nell'ordinamento della giornata non c'è posto per l'ozio che è causa di tanti disordini. Il monaco può dedicarsi a qualsiasi genere di lavoro manuale o intellettuale, purché non impedisca la vita comunitaria e quella di preghiera. Non è escluso il lavoro dei campi, considerato "servile" perché storicamente compito per lo più di schiavi o servi. Al santo Patriarca è attribuito il merito della rivalutazione dell'attività umana: ogni lavoro, anche più umile, trova la sua dignità dall'intenzione con cui viene eseguito. Ogni casa monastica diventa un richiamo ai valori spirituali intramontabili del vangelo per gli uomini di ogni tempo che così facilmente nella molteplicità delle attività perdono di vista dell'essenziale. Parli anche oggi il Santo Patrono ai popoli europei, così incuranti ad apprezzare l'eredità ricevuta dai padri, fino a rinnegare nella costituzione europea le proprie radici cristiane.

Apoftegmi - Detti dei Padri

Beati quelli che sanno ridere di sé: non finiranno di divertirsi!


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

VARIE SPECIE DI MONACI E LORO VITA

È noto che quattro sono le specie di monaci. La prima è quella dei cenobiti, cioè di coloro che vivono in monastero, militando sotto una regola e un abate. La seconda specie è quella degli anacoreti o eremiti; cioè di coloro che, non per un fervore da principianti nella vita monastica ma per un lungo tirocinio in monastero, resi ormai esperti con l'aiuto di molti, hanno imparato a combattere contro il diavolo e, ben addestrati, attraverso la lotta sostenuta insieme ai fratelli, per il combattimento da soli nell'eremo, sono ormai capaci, senza il conforto di altri ma unicamente con mani e braccia proprie, a lottare sicuri, con l'aiuto di Dio, contro i vizi della carne e dei pensieri.

Cap.1,1-5.