Già Mosè, il grande condottiero d'Israele, per stipulare un patto di alleanza con il Signore, asperge il popolo con il sangue che diventa segno di salvezza e di profonda comunione di vita. Anche per sfuggire all'angelo sterminatore, gli Ebrei aspergono con i sangue dell'agnello le porte delle loro case. Dare il sangue significa dare la vita sacrificando la propria, significa purificazione e interiore rinnovamento. Gesti e segni che preludono all'azione salvifica di Cristo che viene a ridare la vita a noi che eravamo morti al peccato. Egli sommo ed eterno sacerdote, dovrà spargere quel sangue prezioso umano divino e poi sotto le specie del vino dovrà essere preso come bevanda di salvezza. Una trasfusione di divinità che ci fa nuovi. La stessa carne purissima, immacolata, assunta dal Verbo nel seno della Vergine Madre, diventerà il nostro cibo, farmaco d'immortalità, per essere ricreati, rinnovati nella nostra natura fino ad assumere le primitive sembianza di bellezza che il Creatore ci aveva donato e dotarci di una nuova filiazione. Quel Dio, Creatore e Signore, rifiutato, abbandonato per effimere mete di presunta felicità, sfidato con l'intento non solo di assomigliargli, ma di eguagliarlo, pur di riaverci, dopo aver atteso e sollecitato invano il nostro ritorno, manda il suo Figlio a cercarci. Sarà Lui a indicarci la via del ritorno, sarà Lui a darci un salutare nutrimento per affrontare il duro percorso del ritorno. Non più insipide carrube, ma il pane di vita, il pane buono e il vino nuovo, che è il sangue del Figlio di Dio. In quella prima cena Gesù ormai prossimo alla passione, compie gesti e pronuncia parole che dovranno essere ripetute come un memoriale, nei secoli dei secoli, sino alla fine dei tempi. Dio si è fatto nostro cibo e nostra bevanda, così accade ad ogni Messa, l'Amore si è incarna, l'uomo può rinascere a vita nuova, può essere fortificato, può sentire nel profondo della propria anima il respiro, l'alito di Dio che dona amore, misericordia e fa una nuova creazione in noi. Tanto incommensurabile dono, offerto gratuitamente a tutti, rimane chiuso, solo e prigioniero nei tabernacoli o, ancor peggio, oggetto di orrendi sacrilegi da chi lo riceve con la morte nel cuore. L'alternativa è il dilagare dell'inquinamento morale e il trionfo del male. L'uomo privo del pane di vita e del preziosissimo sangue di Cristo, ha scoperto le droghe, si inebria, si avvelena e si uccide. Che tristezza! Al pane di vita abbiamo preferiamo i veleni della morte!
Un fratello disse al padre: "se cado in qualche misera colpa, il mio pensiero mi consuma e mi condanna, 'dicendomi perché sei caduto?'" Disse a lui l'anziano: "nel momento in cui l'uomo cade in una mancanza e dice: 'ho peccato!', subito trova quiete".
L'ELEZIONE DELL'ABATE Non sia agitato e apprensivo, non sia pignolo e ostinato, non sia geloso e troppo sospettoso, altrimenti non avrà mai pace. Negli stessi comandi sia previdente e ponderato, tanto se la cosa è di carattere spirituale quanto se è di carattere materiale; negli ordini che dà agisca con discernimento e moderazione, tenendo presente la discrezione del santo Giacobbe quando diceva: «Se faccio stancare troppo a camminare le mie pecore, mi moriranno tutte in un solo giorno» (Gen 33,13 Volg.).