Un'altra grande affermazione sempre sul tema della gioia in questo passo di Vangelo. Continuando il discorso dell'afflizione cristiana che si cambia in gioia, Gesù fa un paragone, molto concreto: la donna quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino "non si ricorda più dell'afflizione, per la gioia che è venuto al mondo un uomo". Il fatto, del quale ella si rallegra, si compie tra le sofferenze, solo in seguito ella ha la serena disponibilità a lasciarsi invadere da una gioia profonda. Così, dice Gesù, avviene anche per i discepoli, i quali presi dallo sgomento per la dipartita dolorosa del Signore, non comprendono il dono di salvezza che viene generato proprio in loro attraverso l'afflizione della passione e morte del Salvatore; ma quando sarà trascorso questo breve tempo doloroso, allora capiranno ciò che è avvenuto e il loro cuore si rallegrerà. "E nessuno vi potrà togliere la vostra gioia". Questa è una promessa splendida, e tutta la nostra saggezza consiste nel valutarla bene e nel prenderla sul serio nella sua effettiva finalità. Gesù non parla poi di una gioia qualunque, ma di una gioia ben precisa, legata alla sua presenza, "Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà". Noi infatti siamo senza dubbio nella capacità di vedere in tanti modi Cristo nella fede: la sua Parola è sempre per noi luce sul nostro cammino. La sua presenza misteriosa nell'Eucaristia, segno permanente del suo amore per noi. Il nostro essere radunati insieme nel suo nome, è essere in sua compagnia. Il nostro prossimo non porta misteriosamente la sua e la nostra immagine?
Un filosofo chiese a sant'Antonio: Padre, come puoi essere così felice quando sei privato della consolazione dei libri? Antonio rispose: Il mio libro, o filosofo, è la natura, e ogni volta che voglio leggere le parole di Dio, il libro è davanti a me.
GLI ARTIGIANI DEL MONASTERO Qualora poi si dovesse vendere qualcosa dei prodotti degli artigiani, quelli che devono trattare l'affare si guardino bene dal commettere alcuna frode. Si ricordino sempre di Anania e Saffira (cf. At 5,1-11), perché la morte che questi subirono nel corpo, essi e tutti coloro che commettono frode riguardo ai beni del monastero, non abbiano a soffrirla nell'anima. Negli stessi prezzi poi non si insinui il male dell'avarizia, ma si venda sempre a un importo alquanto inferiore a quello corrente tra gli altri secolari, perché in tutto sia glorificato Dio (1 Pt 4,11).