Inizia oggi il cosiddetto tempo «ordinario» prima della Quaresima. L'aggettivo «ordinario» potrebbe indurci in errore se gli attribuiamo il significato di dimesso, non importante, usuale. La liturgia cattolica non consente mai una simile interpretazione, perché il tempo, che dono per la salvezza, ha sempre una sua sacralità ed una primaria importanza, ci consente infatti di immergerci in Dio e realizzare in noi il suo progetto di amore e di santificazione. Ci viene in soccorso a proposito anche il Vangelo di oggi, che ci riporta la prima brevissima omelia del Signore: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo». La pienezza del tempo significa la presenza del Figlio di Dio incarnato e vivo tra noi, significa ancora il suo annuncio di salvezza, implica una chiamata e un impegno per ciascuno di noi. L'impegno è di accogliere la persona del Cristo come nostro redentore e salvatore, ascoltare il suo messaggio e convertirsi alle verità che egli ci rivela. È l'impegno della conversione, l'impegno di assumere in noi la grazia per cambiare rotta se ci ritroviamo a muoverci con la nostra vita per strade e direzioni diverse da quelle che lui ci indica. È in questo contesto che Gesù comincia a formare il primo nucleo della sua futura chiesa: i primi a cambiare mestiere e vita, perché chiamati dal Signore sono prima Andrea e Simone, suo fratello e poi i figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni. Da pescatori di pesci dovranno diventare pescatori di uomini, nel mare più vasto del mondo. L'incontro personale con Cristo sconvolge tutti i loro piani: devono lasciare le barche, le reti, i garzoni e tutto ciò che alimentava la loro esistenza. Molto spesso convertirsi significa avere il coraggio di abbandonare o almeno ridimensionare le false sicurezze per scoprire ed attuare un progetto che più direttamente ci conduce a conseguire gli obiettivi primari dell'esistenza umana. Solo con la fede ben alimentata possiamo raggiungere un tale obiettivo.
Un abba è stato invitato ad un monastero di città. Non volle lasciare il suo eremo ma poi acconsenti e ci andò. Passeggiavano nel rumore tra carri e buoi e l'abba disse: tu, senti cantare il grillo? Un grillo?!... si meravigliò il monaco di città... in questo rumore, impossibile... l'abba si girò e gli fece vedere il grillo su di un albero che cantava proprio per lui. Eh... disse il monaco di città, voi del deserto avete un orecchio più acuto. L'abba tirò fuori una moneta d'argento e la getto sul marciapiede. E mentre essa cadeva si è sentito appena un rimbalzo metallico sulle pietre... In un istante tutti quelli che erano lì vicino si sono girati toccando le loro saccocce... Questo lo raccontò per spiegare la parabola "lì dov'è il tuo tesoro c'è anche il tuo cuore...".
VARIE SPECIE DI MONACI E LORO VITA La quarta specie di monaci è poi quella dei cosiddetti girovaghi, i quali passano tutta la loro vita girando di paese in paese e facendosi ospitare per tre o quattro giorni in monasteri diversi, sempre senza fissa dimora e instabili, schiavi delle proprie voglie e dei piaceri della gola e in tutto peggiori dei sarabaiti. Del miserabile genere di vita di tutti costoro è meglio tacere che parlare.
Lasciamoli dunque da parte e veniamo, con l'aiuto del Signore, a organizzare la fortissima specie dei cenobiti.