Nella parabola del vangelo di oggi, Gesù lega in modo ormai indissolubile due temi importanti per la vita di noi cristiani. La necessità dell'insistenza della preghiera sembra essere il tema principale della parabola del giudice disonesto. Come egli esaudirà le richieste continue della vedova così il Padre è pronto a soddisfare le nostre preghiere. Potremo sviluppare questo tema, con gli elementi importanti che fornisce Gesù nella parabola stessa. Eppure mancheremo di qualcosa di veramente importante. La scelta dei personaggi, per esempi è significativa. La vedova è una persona che non aveva molte tutele che oggi chiameremo sociali. La stessa legge mosaica aveva cercato di dare delle protezioni per le vedove ed altre categorie deboli come gli orfani e gli stranieri. Negli Atti degli Apostoli, l'istituzione dei diaconi è sorta proprio in relazione alla mancanza verso delle vedove. Il giudice, evidentemente non vuole dare ascolto alla voce di questa donna per non sentirsi troppo compromesso: preferisce eserciate il suo ufficio spianando le difficoltà. Non possiamo però leggere questa parabola senza interpellarci con la domanda stessa che pone Gesù sulla fede. Leggiamo in essa una provocazione forte che interessa tutti. Già da come è formulata la stessa domanda capiamo che tutti noi siamo gli interlocutori di Gesù. I Vangeli sono Parola di Dio e per questo eterni nel loro messaggio e destinati a tutti e in tutti i tempi. Nella parabola odierna, Gesù esplicitamente si rivolge a tutti. La questione della fede diventa allora basilare e da qui possiamo allora leggere tutta la parabola. La preghiera, anche continuativa, sarà inefficace se non parte da un cuore informato dall'amore della fede. La fede è dono di Dio da coltivare, anche nella preghiera. E allora capiamo bene la domanda di Gesù. Essa contiene anche una promessa: il suo ritorno nella gloria. Preghiamo allora che, in questa attesa fiduciosa, la nostra fede possa incrementarsi in una vita di amore e di sollecitudine verso il prossimo, sopratutto il più debole.
Un fratello interrogò un anziano: «Che fare? Una moltitudine di pensieri mi fa guerra e non so come resistere». Disse l'anziano: «Non lottare mai contro tutti, ma contro uno solo. Poiché tutti i pensieri degli uomini hanno una testa sola. Bisogna dunque esaminare quale sia realmente quell'unico pensiero e quale la sua natura, poi lottare contro di esso. Allora tutti gli altri pensieri perderanno la loro forza».
QUELLI CHE GIUNGONO TARDI ALL'UFFICIO DIVINO O ALLA MENSA Quando è l'ora dell'Ufficio divino, appena si sente il segnale, si lasci subito quanto si ha tra le mani e si corra con la massima sollecitudine, ma sempre con gravità, per non dare adito alla leggerezza. Nulla quindi si anteponga all'Opera di Dio. Se qualcuno alle Vigilie notturne arriverà dopo il Gloria del salmo 94 - che appunto per questo vogliamo sia detto in modo molto pacato e lento - non occupi in coro il posto suo, ma se ne stia all'ultimo oppure in disparte, in un posto che l'abate avrà destinato proprio per tali ritardatari, in modo che sia visto da lui e da tutti, fino a che, terminato l'Ufficio divino, dia soddisfazione con una pubblica penitenza.